Donald Trump prova ad aprire qualche spiraglio sul caso Huawei: in sincronismo con l’apertura a Washington del nuovo round di negoziati con la Cina sulla guerra dei dazi, il dipartimento del Commercio Usa si prepara a rilasciare i permessi con cui le aziende americane potranno continuare a rifornire Huawei di alcune componenti per le sue attrezzature di telecomunicazioni. Si tratta di componenti non sensibili, ma l’atteggiamento dell’amministrazione Trump è cambiato rispetto alla chiusura totale dimostrata negli scorsi mesi.
In arrivo le autorizzazioni
A maggio gli Stati Uniti hanno inserito ufficialmente Huawei nella lista nera dei partner commerciali. Il bando, emesso dal dipartimento del Commercio, non è ancora attivo perché l’amministrazione Trump ha concesso una “Temporary general license”, ovvero una tregua (estesa due volte, per cui la scadenza è ora fissata al 19 novembre), che permette alle aziende americane di commerciare col gigante cinese.
Dopo il 19 novembre, Huawei non potrà comprare alcun prodotto o tecnologia in America se non dalle aziende che avranno ottenuto una speciale autorizzazione. A fine agosto Reuters riportava che oltre 130 aziende Usa avevano inoltrato al dipartimento del Commercio la richiesta di autorizzazione a continuare a fare affari con Huawei. La posizione del dipartimento era di non concedere alcun permesso ma ora, secondo quanto scrive il New York Times, starebbero per arrivare le prime autorizzazioni.
Huawei fa da sé
Il vendor cinese si è adoperato nel frattempo per liberarsi dalla dipendenza dai prodotti Made in Usa: ha lanciato il proprio chipset Kirin 990, presentato come il primo con un sistema 5G “all-in-one” e destinato ai nuovi smartphone di punta; ha proposto i nuovi Mate 30, la linea flagship di smartphone 5G, con una versione propria di Android (non potendo usare quella di Google né le app di Big G); e si prepara a lanciare un Os alternativo proprietario, Harmony o Hongmeng.
La trade war continua
Permettere a Huawei di rifornirsi di alcune tecnologie in America dovrebbe allentare le tensioni Usa-Cina alla vigilia dei nuovi negoziati sulla trade war e dopo l’escalation dei giorni scorsi: Trump ha deciso di estendere il bando a 28 società cinesi dell’intelligenza artificiale e del riconoscimento facciale, finite nella stessa blacklist commerciale di Huawei.
Huawei resta comunque esclusa dall’acquisto di prodotti “sensibili” (come componenti per i chip o la suite mobile di Google). Reuters osserva che l’apertura parziale concessa da Trump (così come le due proroghe all’entrata in vigore del bando) serve più che altro alle aziende americane, che cercavano chiarezza sull’atteggiamento del governo per capire se e come rimodulare il business.
Scontro sul 5G
Per il presidente degli Stati Uniti il vendor cinese resta un rischio per la sicurezza nazionale perché, con i suoi dispostivi e software, aprirebbe le porte allo spionaggio della Cina. Huawei ha sempre respinto le accuse e chiesto una soluzione definitiva alla trade war che sgombri il campio dalle questioni politiche.
Sullo sfondo c’è la disputa per il predominio tecnologico nel nuovo standard mobile 5G che si tradurrà anche in predominio economico e geopolitico. Ieri la Commissione europea ha pubblicato uno studio in cui mette in guardia sui rischi di cyber-security connessi con le comunicazioni mobili di quinta generazione accendendo un faro sul ruolo dei fornitori nel costruire e gestire le reti 5G; molti vendor, si legge nel report, sono collocati in paesi non-Ue e hanno governance e relazioni coi loro governi diversi dai vendor occidentali.