IL PROGETTO

Tecnologia made in Italy per la prima IoT sottomarina

L’Italia Wsense ha brevettato una soluzione per la itticoltura utilizzata dalla Norvegia che basa su un sistema acustico che permette di creare network anche per medie e grandi distanze

Pubblicato il 18 Ott 2019

pesce

Il futuro del pianeta dipende dalla nostra capacità di sfruttare le risorse ittiche del mare, che copre il 70% della superficie terrestre. Ma per adesso lo sfruttamento delle risorse marine è molto basso, meno del 5%. Secondo l’ultimo rapporto della Fao sull’argomento entro il 2030 la produzione di pesce nel mondo raggiungerà il suo picco con 200 milioni di tonnellate di pescato e un pesce ogni due sarà allevato in cattività. Implementare un modello di itticoltura sostenibile e digitalizzare il processo di coltivazione sono fattori critici per il prodotto.

Qui entra in gioco la tecnologia italiana grazie alla romana Wsense, piccola azienda ad alto contenuto tecnologico che ha creato e sta diffondendo in tutto il mondo il concetto di Internet of Underwater Things (IoUT), la Internet delle cose sottomarine. La tecnologia utilizza un sistema acustico che permette di implementare le migliori soluzioni sottomarine senza fili capaci di creare network anche per medie e grandi distanze.

Il primo utilizzo possibile è quello per il monitoraggio delle gabbie dei salmoni, dei singoli pesci e dei parametri dell’acqua. Wsense ha brevettato le sue tecnologie per la IoUT negli Usa, Cile, Europa, Asia e Giappone. Con queste tecnologie si possono costruire sott’acqua dei sistemi autonomi basati su sensori sottomarini e tecnologie acustiche capaci di monitorare e controllare l’ambiente sottomarino e le strutture delle gabbie degli allevamenti di salmoni. Tra i vantaggi, il basso costo dei sensori sia per costi diretti che indiretti, che oltretutto non richiedono il supporto (molto costoso) di navi appoggio.
Inoltre, queste tecnologie possono raccogliere dati su larga scala che sono necessari per prendere decisioni smart a supporto dell’ambiente. Grazie alla collaborazione con Leroy Seafood Group l’azienda romana ha iniziato i test delle sue soluzioni sul campo, anzi sott’acqua, in Norvegia.

Quel che risulta fin dal primo approccio è che la itticoltura è molto meno sviluppata e digitalizzata del suo equivalente terrestre e che molte attività quotidiane di monitoraggio vengono effettuate ancora manualmente o utilizzando tecnologie obsolete e costose.

La tecnologia italiana consente di automatizzare e fornire informazioni stabili, a basso costo e capaci di raggiungere obiettivi più ambiziosi, come ad esempio il monitoraggio remoto e in tempo reale dello stato di salute dei pesci.
La tecnologia, basata su nodi sensori, dotati di modem acustici e spiegati in mare proprio per creare la rete,che non danneggia in alcun modo i pesci, fornisce tramite dei nodi sottomarini le informazioni affidabili e rapide su una molteplicità di parametri: dal monitoraggio dello stato di salute del pesce alla qualità dell’acqua e all’integrità strutturale delle gabbie. La piattaforma software sviluppata internamente dall’azienda si chiama WGate e funziona sia in versione server che cloud.

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