Il futuro della banda larga e lo sviluppo delle reti di nuova
generazione. La riduzione del digital divide e l’alfabetizzazione
informatica degli italiani. Di questo si è parlato al convegno
“L’Italia in rete”, organizzato a Roma dal Pd. Un’occasione
per fare il punto sullo stato delle Tlc alla presenza dei maggiori
operatori di telefonia, politici e Agcom. Sono emerse più ipotesi,
ma un'unica esigenza: il rilancio di politiche e strategie per
la banda larga, strumento indispensabile per la ripresa economica e
per la strutturazione di un Paese moderno, al passo con l’Unione
Europea. Ecco in sintesi le posizioni dei vari player e delle
istituzioni.
Paolo Gentiloni (deputato Pd, ex ministro delle
Comunicazioni): Un modello territoriale per le Ngn
“Il Pd crede che sia arrivata ormai l’ora di darsi obiettivi
credibili e ravvicinati. Proponiamo di fissare un obiettivo
obbligatorio di servizio universale: 2 Mb per tutti i cittadini
entro il 2011. Per fare questo servono però risorse. Dove sono i
700 milioni di euro previsti dal governo per la banda larga e per
l’abbattimento del digital divide? Più volte annunciati, dopo un
anno, sono tutt’ora dispersi, e la maggioranza in Parlamento due
settimane fa ci ha chiesto un ordine del giorno per il recupero di
quei fondi. La gravità è che la scarsa attenzione del governo
alla banda larga contrasta col piano internazionale”.
Per quanto riguarda, invece, le reti Ngn il Pd propone l’ipotesi
di un modello italiano “fortemente territoriale e capace di
valorizzare le risorse pubbliche dello Stato, delle Regioni e degli
enti pubblici”. Riguardo al “destino” di Telecom Italia
Gentiloni dice no alla fusione con Telefonica e allo scorporo della
rete: “è necessario preservare un asset determinante per il
Paese. La riedizione di cordate sul modello Alitalia troverebbe
un’opposizione frontale da parte del Pd e delle forze
sindacali”.
Francesco Caio (consulente del governo per la banda larga):
La rete è un monopolio naturale
“Una sola rete per tutti gli operatori, e poi la competizione si
farà sui servizi”. Questa, secondo Francesco Caio consulente del
governo per la banda larga, la base di partenza del dibattito che
dovrebbe portare alla definizione di un piano nazionale per il
broadband.
“Non solo in Italia, ma in tantissimi Paesi dell’Ocse e
dell’Europa la banda larga è finita nell’agenda di politica
industriale dei governi. Il tema vero è ora capire se esiste un
ruolo degli Stati in questo passaggio alle infrastrutture digitali
oppure se il mercato è in grado di fornire velocità di sviluppo
funzionali alle ambizioni dei Paesi”. Secondo Caio è positivo
l’atteggiamento del governo Berlusconi: “C’è un tentativo
reale di capire di cosa si sta parlando. Un segno di attenzione
forte al tema della banda larga”.
“Nessun Paese ha la ricetta universale il punto di partenza è
diverso, quindi ogni viaggio è diverso. Ma c’è un comune
denominatore, si deve fare una sola rete e poi individiare la win
win situation, il luogo magico dove si mantengono le dinamiche
concorrenziali, si garantisce chi investe e si tiene alta la
qualità del servizio”.
Oltre alla realizzazione delle Ngn bisognerà pensare anche a
garantire la qualità della rete in rame: “L’Agcom faccia un
lavoro serio e importante di controllo per misurare l’effettiva
qualità della banda larga disponibile ai cittadini. Questa
misurazione consentirà di fare da base al successivo intervento
per la realizzazione della rete”.
Sullo stimolo di domanda di banda larga, secondo Caio,
quest’ultima sarà trainata dall’evoluzione dei terminali e
dallo sviluppo dei servizi della PA. “Il piano E-gov 2012 del
ministro Brunetta è ottimo. Ma bisognerà mettere mano alla
semantica degli impianti documentali. Serve intervenire sugli
standard e sull’interoperabilità”.
Corrado Calabrò (Agcom): È ora di passare
all’azione
“E’ il momento di passare dall’analisi all’azione. E’
arrivato il momento di decidere”. Secondo il presidente
dell’Agcom “il digital divide e le Ngn sono obiettivi
consistenti, ma la rete in rame mostra la corda. Creare una rete a
larghissima banda presenta effetti marginali maggiori rispetto al
miglioramento dell’esistsnte. E’ vero che fra la crescita della
rete e l’utilizzo dei servizi si attraversa un momento critico,
ma occorre superarlo perché portare nuovi servizi all’intera
popolazione ha un senso economico”. Per il presidente Agcom “da
qui ai prossimi 5-7 anni servirà la banda larga anche in Italia.
Non possiamo permetterci soluzioni al dispendio ma neanche al
risparmio. Allora scaglioniamole in un arco temporale. Ma
pensiamoci in un’ottica di ‘Fiber Nation’”.
Franco Bernabè (Telecom Italia): Le reti ci sono, manca
l’alfabetizzazione digitale
“Oggi l’Italia può contare su un’infrastruttura in grado di
sostenere il traffico in banda larga. La Rete è sufficientemente
robusta anche se ci sono alcuni problemi da risolvere. Ma il vero
problema è lo scarso utilizzo dei servizi, più che una questione
di capacità infrastrutturale. Bisogna risolvere il problema
dell’alfabetizzazione informatica: Internet è utilizzato da
appena il 50% della popolazione”.
“L’Italia non è affatto indietro né sulle Reti in banda larga
né sulla qualità dei servizi. Piuttosto è indietro
nell’utilizzo di Internet. Ed è un problema insolubile in tempi
brevi se non si coordinano risorse pubbliche e private”.
“Il nostro piano industriale 2009-1011 prevede 6,7 miliardi di
euro di investimento destinati in misura del 40% alla rete di
accesso. E sono oltre 6 miliardi gli investimenti al 2016 per la
Ngn. Stiamo facendo il massimo per assolvere ai fabbisogni futuri
della domanda”.
Riguardo agli impegni su Open Access Bernabè ha affermato che ad
aprile 2009 il 66% degli impegni è già stato realizzato e che si
arriverà al 100% entro aprile 2010.
Quattro nodi da sciogliere, secondo l’Ad di Telecom Italia:
portare la banda larga a quel 3% della popolazione che entro la
fine del 2010 rimarrebbe esclusa dal piano di investimenti;
potenziare i servizi a banda larga nelle località dove attualmente
la velocità di connessione è pari a 1 mega e che rappresentano il
4% delle linee fisse; fare evolvere gli apparati di rete che al
momento precludono dalla banda larga il 5% degli accessi; portare
il broadband mobile al 10% della popolazione che attualmente non è
raggiunto da questa tecnologia.
“Per sciogliere questi quattro nodi servono un miliardo e mezzo
di investimenti in 3 anni e una quota prevalente deve ricadere sul
pubblico. Per fare le reti Ngn serve una combinazione di intervento
pubblico e di regolamentazione orientati a promuovere lo sviluppo
in considerazione delgi elevati rischi imprenditoriali”. Sulle
condizioni economiche di accesso alle reti dovrebbe essere
rionosciuto un risk premium rispetto al costo medio ponderato del
capitale delle reti in rame.
“Gli impegni su Open Access per noi non sono stati una
passeggiata: Ci sono costati moltissimo con enormi dacrifici in
termini di flessibilità commerciale. Un impegno che si è già
tradotto con la perdita di quote di mercato a beneficio degli Olo.
Quindi ribadisco che non è vero che tutto è stato fatto negli
interessi di Telecom Italia”.
Paolo Bertoluzzo (Vodafone) : Priorità 2 Mb per ogni
abitante
“Il tema della domanda è centrale, ma sono ottimista. Sui
servizi Internet a banda larga molto sta cambiando. In Italia ci
sono tra i 10mila e i 20mila cittadini che utilizzano i servizi
ogni giorno. Ma la priorità è portare il minimo garantito a
tutti. L’obiettivo dei 2 Mb a cittadino è corretto e serve a far
fare un passo avanti alla società”. Lo ha detto l’Ad di
Vodafone Italia, Paolo Bertoluzzo, al convegno “Italia in rete”
organizzato dal Pd in corso a Roma. Secondo Bertoluzzo è
necessario un mix di tecnologie fisse e mobili “allocando i soldi
pubblici dove l’investimento è più efficiente e rapido. E serve
un coordinamento Stato-Regioni per realizzare il tutto in tempi
brevi”.
Sulla questione delle Ngn, secondo Bertoluzzo, si impone una nuova
attività di regolamento per assicurarsi che anche sulle nuove reti
sia remunerato il capitale investito da un lato, e dall’altro si
garantisca il livello di competizione delle reti in rame. “Se si
dice no allo scorporo della rete Telecom – ha detto Bertoluzzo –
allora bisogna dire no anche a iniezioni di denaro publico in
un’azienda privata”.
Se è vero che ad oggi non esiste domanda per i servizi in fibra è
necessario intervenire oggi, secondo l’Ad di Vodafone Italia, per
non rischiare che l’Italia si trovi fra 10 anni in ritardo enorme
sulle infrastrutture e sui servizi in banda larga. Per quanto
riguarda il modello Open Access, gli impegni presi da Telecom
Italia nei confronti dei concorrenti “rappresentano un passo
avanti ma vanno fatti funzionare sul campo. Misureremo i risultati
concreti: se funzionerà lo vedremo nel tempo”.
Stefano Parisi (Fastweb): Servono regole certe e qualità
dei servizi
“Se ci sono regole stabili si trovano i finanziamenti per lo
sviluppo delle reti di nuova generazione”. È la posizione di
Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb. “Tuttavia,
per stimolare le imprese a investire, c'è bisogno che la
qualità dei servizi sia garantita, e ben venga se fosse
l'Agcom a farlo. Inoltre bisogna evitare che si crei un
monopolio sulla nuova rete. Parisi ha anche giudicato negativamente
l'operato di Open Access di Telecom Italia. “Non sono così
ottimista e con Open Access c'è stato un peggioramento della
situazione, non è stato un successo”.
Luigi Gubitosi (Wind) : Banda larga, tema
bipartisan
''Il tema della banda larga e' un tema di politica
economica, un tema da affrontare in modo bipartisan in modo che ci
sia un piano accettabile per tutti''. Lo ha detto
l'amministratore delegato di Wind, Luigi Gubitosi, intervenendo
al convegno del Pd sulle Tlc.
''E' ovvio che serve la banda larga – ha aggiunto – ma
ci deve essere un processo parallelo che aumenti
l'alfabetizzazione delle famiglie e al tempo stesso ci deve
essere un investimento. Io credo che qualche sorta di ragionamento
tra pubblico e privato andra' fatto piu' lo ritardiamo e
meno facciamo. Sono due anni che mi capita di intrattenere il
pubblico sui temi della banda larga, pero' alla fine siamo
sempre allo stesso punto, si e' fatto poco o niente. Anche
tutto questo mistero intorno al famoso piano Caio, che mi sembra un
bel lavoro, mi chiedo perche' non renderlo pubblico
prima''.
Secondo Gubitosi, ''se guardiamo al mercato italiano
abbiamo sostanzialmente due mercati separati: uno del mobile che va
bene, che cresce in innovazione. Noi abbiamo investito il 16% del
nostro fatturato e lo facciamo non per un approccio filantropico,
ma perche' vediamo che c'e' domanda.
Se ci spostiamo sul fisso il mercato e' preoccupantemente
tranquillo. Non succede nulla nel fisso e quando c'e' un
progetto non lo conosciamo. Il problema della telefonia fissa
e' collegato allo sviluppo della banda larga e della
arretratezza del nostro Paese a livello di conoscenza di
Internet''.