Sulle reti di comunicazione mobile la Cina si è messa a correre. Mentre è ancora impegnata nelle implementazioni del 5G, la Tigre asiatica già fa partire la ricerca e sviluppo sullo standard successivo, il 6G. Il ministero della Scienza e della tecnologia cinese ha reso noto che istituirà due gruppi di lavoro specificamente rivolti alle attività di R&D sulle reti mobili di sesta generazione.
Il primo gruppo unirà gli enti governativi con competenze nelle Tlc e nella ricerca e si occuperà di promuovere e indirizzare la ricerca e sviluppo sul 6G. Il secondo gruppo di lavoro sarà invece composto da 37 università, centri di ricerca e aziende che si dedicheranno alle specifiche tecniche del 6G e forniranno consulenza al governo.
Una questione anche politica
La Corea del Sud è l’unica nazione ad avere una copertura 5G su scala nazionale, ma la Cina sta procedendo spedita. Gli Stati Uniti inseguono, con il roll-out concentrato nelle metropoli. L’industria e gli esperti sono concordi nell’indicare che occorrerà ancora qualche anno perché le reti 5G diventino capillari e il 6G è ancora tutto nel futuro. Il vice-ministro della Scienza e tecnologia Wang Xi ha confermato che il 6G è agli albori e ancora mancano standardizzazione e chiari scenari di applicazione. Lo scorso settembre sul 6G è intervenuto anche il ceo di Huawei, Ren Zhengfei, affermando che la sua azienda sta lavorando sul nuovo standard ma che la tecnologia muove ora i primi passi e la commercializzazione avverrà solo tra diversi anni.
Tuttavia la Cina preme sull’acceleratore per garantirsi una supremazia tecnologica e industriale e liberarsi dalla vulnerabilità alle ripercussioni politiche che stanno caratterizzando la corsa al 5G. Proprio Huawei è diventata il simbolo della valenza politica delle comunicazioni mobili, culminata nel bando emesso dagli Stati Uniti contro le forniture Tlc del vendor cinese, accusato di favorire lo spionaggio di Pechino e il furto di proprietà intellettuale.
“In questo momento critico per la crescita nazionale, dobbiamo attribuire grande importanza allo sviluppo del 6G, coordinare i programmi, promuoverlo con efficienza e favorire l’innovazione in questa area”, ha dichiarato Wang.
Lo standard dell’intelligenza artificiale
Anche in Europa il mondo della ricerca sta cominciando a guardare al 6G. A inizio anno un team dell’Università di Brema ha delineato i limiti del 5G e indicato che le applicazioni di intelligenza artificiale spingono allo sviluppo di uno standard più avanzato, in grado di abilitare le più complesse applicazioni legate alle macchine e ai sistemi AI. Non è solo questione di velocità di comunicazione – che col 6G sarà comunque “supersonica”, vicina a 1 terabit al secondo; la vera discriminante sarà la capacità di sostenere collaborazioni su vasta scala tra agenti intelligenti che effettuano all’istante calcoli complessi, prendono decisioni cruciali e risolvono difficoltà. L’auto autonoma, il monitoraggio dei mercati finanziari, l’ottimizzazione delle prestazioni sanitarie e il cosiddetto “nowcasting”, ovvero la possibilità di prevedere eventi o reagire appena si verificano, sono tra le applicazioni previste.
Europa in ritardo nella partita del 5G
Alla fine dello scorso anno il Securities Times ha scritto che la Cina ha in programma di iniziare a lavorare sul 6G nel 2020. Su Xin, leader del team di lavoro 5G del ministero cinese dell’Industria e dell’Informatica, prevede che la data di lancio commerciale sarà il 2030.
Mancano dieci anni e intanto la partita si gioca sul 5G. Qui è cruciale che l’Europa recuperi il suo ritardo. Uno studio di Gsma intelligence mostra che i leader indiscussi sono Cina, Usa, Giappone e Stati Uniti: nel 2025 conteranno più della metà di tutti gli abbonati alle reti mobili di quinta generazione (che per quell’anno saranno 1,57 miliardi su scala globale). In Corea il 66% degli abbonati mobili userà il 5G nel 2025; negli Usa saranno il 50%. La Cina dominerà in termini numerici con 600 milioni di connessioni 5G.
L’Europa arranca nell’adozione su scala consumer, ma lo studio della Gsma prevede una diffusione importante a livello aziendale grazie alle fabbriche smart e a Industria 4.0 che useranno sensori, dispositivi connessi e robot. Sarà la Internet of things a trainare l’adozione: per questo gli operatori mobili, dice l’associazione, dovrebbero puntare a stringere alleanze con le aziende sui progetti IoT, che nel 2025 varranno 1.000 miliardi di dollari su scala mondiale (più o meno come i ricavi dell’intera industria mobile l’anno scorso). Al tempo stesso, solo il 5% di tale fatturato deriverà dai servizi di connettività, sottolinea la Gsma: per attrarre il resto del valore le telco dovranno competere con i giganti dell’informatica e di Internet come Microsoft e Amazon.
Investimenti record per Usa e Cina
Secondo Ihs Markit il 5G genererà 13.200 miliardi di dollari entro il 2035 dalla sola abilitazione commerciale. Le stime contenute nello studio commissionato da Qualcomm e diffuso oggi rappresentano un incremento di 1.000 miliardi di dollari rispetto alla previsione originale rilasciata nel 2017, merito del colpo d’acceleratore su standardizzazione e roll-out, spiegano gli analisti.
A ottobre Qualcomm aveva indicato che erano state attivate nel mondo più di 30 reti 5G e oltre 40 Oem stavano portando sul mercato dispositivi 5G-enabled. Ma ancora una volta lo studio di Ihs Markit punta i riflettori sulle due protagoniste indiscusse delle implementazioni della nuova generazione mobile, Usa e Cina: rappresenteranno, rispettivamente, il 27% e il 26% di tutti gli investimenti annuali in ricerca e sviluppo e capitale sulla value chain del 5G.