“In tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Corea fino alla Germania e al Brasile, il modello di riferimento è quello di un operatore integrato che in Italia significa Tim”: Luigi Gubitosi, Ad di Tim, risponde così alla domanda nell’intervista sul Sole 24Ore in merito alle tesi sostenute dal centro studi Astrid, che fa capo a Franco Bassanini, secondo cui la rete unica in Italia – frutto della messa in comune degli asset di Tim, Open Fiber e Flash Fiber – va fatta ma non sotto il contro Tim. “Le tecnologie sono numerose, evolvono rapidamente, vanno integrate, hanno bisogno di economie di scala e competenze. Le reti devono soddisfare le esigenze dei clienti e solo un operatore integrato può conoscere veramente di cosa ha bisogno il cliente finale”. In merito a tempistiche e fattibilità del progetto di integrazione Gubitosi sottolinea che “occorre trovare un equilibrio su tre elementi: il valore da attribuire agli asset, gli impegni da prendere con il Paese sugli investimenti e quelli con le autorità regolamentari. Sono convinto che è possibile riuscirci, altrimenti sarebbe un’occasione persa. Non solo per le parti in causa, ma ancora di più, per il Paese”.
Nella lunga intervista Gubitosi fa il punto anche sugli obiettivi di Tim in termini di business evidenziando che “la riduzione del debito è la priorità principale del Piano” e che “quest’anno risparmieremo oltre 100 milioni. Lo scenario è positivo sia perché ad ogni scadenza di prestiti li negoziamo a condizioni migliori, sia perché a causa dei tassi d’interesse negativi su molti bond, buona parte della liquidità mondiale sta andando verso investimenti alternativi a condizioni molto interessanti. Segnalo, in particolare, il ruolo dei fondi infrastrutturali. Noi siamo arrivati puntuali all’appuntamento avviando tre operazioni in cui potremo averli come alleati.
Torri, al rush finale l’accordo con Inwit-Vodafone
L’accordo sulle torri con Vodafone, gli investimenti nei data center e quelli sulla fibra”. In merito ai tempi dell’intesa con Vodafone Gubitosi spiega che “è sostanzialmente chiusa. Ieri è stata convocata per il 19 dicembre l’assemblea di fusione che sarà l’ultimo atto formale prima dell’avvio e, a quel punto, mancherà solo l’autorizzazione dell’Antitrust europeo. Inwit post-fusione darà grandi vantaggi economici derivanti dalle sinergie con Vodafone, accelererà lo sviluppo del 5G di qualche anno e sarà parte fondamentale dell’infrastruttura tecnologica del Paese, che vogliamo sia tra le più avanzate al mondo”.
Gubitosi conferma le previsioni per l’anno in corso nonostante che nei primi nove mesi del 2019 siano diminuiti i clienti sia nella telefonia fissa sia nel mobile. “Tutto secondo le aspettative. Per proseguire a generare cassa e redditività dobbiamo continuare ad aumentare l’efficienza del gruppo”. Quanto alle aspettative per il bilancio 2020, “ne parleremo al momento opportuno, ovvero l’11 marzo del prossimo anno quando presenteremo ai mercati il piano aggiornato al 2020”. I rapporti con Vivendi continuano a essere difficili. “La settimana scorsa ho incontrato a Barcellona una cinquantina d’investitori e, per la prima volta, nessuna domanda ha riguardato le relazioni con e tra i maggiori azionisti. La ragione c’è: il clima è profondamente cambiato e stiamo lavorando in armonia con i grandi soci. Aggiungo che la nomina del nuovo presidente, Salvatore Rossi, è stata molto apprezzata e sta contribuendo al rafforzamento di una governance condivisa”. Riguardo a Cdp “con i vertici c’è un rapporto eccellente”. Il debito è in diminuzione. “L’intervento annunciato è quello più ambizioso degli ultimi dieci anni e punta a risolvere un problema che era diventato cronico. L’accordo con Vodafone su Inwit permetterà di tagliare circa 1 miliardo e mezzo d’indebitamento e altri 50 milioni arriveranno dall’intesa sul credito al consumo con il Santander. Dalla riduzione organica, invece, otterremo nel 20191,2 miliardi di miglioramento. Dopo soltanto un anno siamo già a metà strada”.
In campo 10 fondi: a Tim il 50% della newco
È scaduta oggi intanto la deadline per la presentazione delle offerte non vincolanti da parte dei fondi per l’acquisizione degli asset di rete di Open Fiber e di quelli Ftth in campo a Tim. Secondo le prime indiscrezioni di stampa sarebbero una decina i fondi coinvolti fra cui F2i, l’unico italiano. In campo Anrin, Ardian, Brookfield, Macquaire, i fondi pensione Psp e The Canada Pension Plan Investment Board e i fondi sovrani Adia (Abu Dhabi), Gic (Singapore) e China Investment Corp (Cina). Sempre secondo indiscrezioni F2ì potrebbe alleare con i canadesi di Psp e Gic (già sottoscrittori del fondo italiano) e l’operazione consisterebbe nell’acquisizione di circa il 50% di Open Fiber, il resto potrebbe andare a Tim dopo il conferimento degli asset Ftth. In campo anche la Cdp. Ma per ora si tratta solo di ipotesi.