Elettronica, biotech sanitario, strumenti scientifici e per l’industria aerospaziale dominano l’export italiano di beni ad alta tecnologia. Siamo il terzo Paese per fatturato nella meccanica strumentale con oltre 49 miliardi di euro, sesto al mondo per numero di robot industriali, culla di oltre 10 mila start up innovative e leader nel biotech della salute.
Ma è troppo poco. L’Italia ha ancora un gap da colmare rispetto ad altri Paesi europei: deve puntare su innovazione e tecnologia come leva di competitività, acceleratore di produttività e volano di internazionalizzazione. Emerge dal rapporto firmato dal Centro Economia Digitale in collaborazione con Leonardo, presentato al XVIII Forum del Comitato Leonardo “Tech in Italy” dedicato quest’anno al ruolo dell’alta tecnologia nella promozione della crescita economica italiana.
Al Forum, organizzato in collaborazione con Agenzia Ice, Confindustria e Leonardo, presso l’Accademia Nazionale dei Lincei, hanno partecipato tra gli altri, oltre a Luisa Todini, Presidente Comitato Leonardo, anche Carlo Ferro, Presidente dell’Agenzia ICE (insieme a Todini nella foto), Giovanni de Gennaro Presidente di Leonardo, Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria e di Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo Economico. “Serve lavorare con velocità ed in chiave sistemica – dice Todini -, per riuscire a tenere il passo con la trasformazione tecnologica in atto nell’industria mondiale”.
Tecnologia Italia, il quadro generale
In Italia il livello degli investimenti in R&S in rapporto al Pil, sia pubblici sia privati, si attesta ad un livello inferiore a quello della media Ue28 (nel 2017 1,3% in Italia contro una media europea del 2,1%), soprattutto nel confronto con Francia (2,2%) e Germania (3%) nello stesso anno. Tra il 2008 e il 2017 si riscontra un tendenziale incremento degli investimenti in R&S, prevalentemente attribuibile al comparto privato, in Italia così come nella media UE28, a conferma di un trend generalizzato di debolezza degli investimenti pubblici.
Anche per quanto riguarda i brevetti high-tech, il Rapporto rileva alcune debolezze strutturali del nostro Paese rispetto ai principali Paesi europei, mentre la produzione scientifica dei ricercatori italiani risulta invece in crescita negli ultimi anni, con un numero di pubblicazioni scientifiche per abitante ai livelli francesi e non troppo lontano da quelli tedeschi, nonostante la differenza nel numero di ricercatori impiegati.
L’analisi dell’innovazione nelle imprese italiane mostra una significativa correlazione tra l’introduzione di innovazioni tecnologiche e la dimensione di impresa: la percentuale di imprese che dichiarano di avere introdotto un’innovazione è sensibilmente inferiore tra le aziende di piccole dimensioni, rispetto a quelle medie e grandi: queste ultime mostrano percentuali di imprese innovative che raggiungono il 75% delle imprese totali in settori ad alta intensità innovativa della manifattura.
Germania e Francia, con un valore medio del peso delle esportazioni high-tech sul totale UE28 pari rispettivamente al 27,5% e al 17,8%, mostrano una capacità di esportare e di innovare sensibilmente superiore a quella rilevata in Italia, che registra invece un valore medio di tale quota pari al 5,1%. In Italia, tuttavia, l’esportazione di beni ad alta tecnologia, sia verso mercati Ue che extra UE, costituisce una quota non irrilevante del PIL del Paese. A prevalere, tra i beni ad alta tecnologia esportati dalle imprese italiane, sono i prodotti farmaceutici, l’elettronica, gli strumenti scientifici e i beni riconducibili all’industria aerospaziale.
Hi-tech settore leva di competitività
Uno degli elementi principali evidenziati dal Rapporto è il ruolo dei settori high-tech come ‘vettori dell’innovazione’, in grado di generare e fornire al resto del sistema economico sia output che input innovativi. I settori relativi alla manifattura ad alta e medio-alta tecnologia, pur avendo un peso limitato sul totale dell’economia in termini di valore aggiunto e occupazione, contribuiscono, rispettivamente, per una quota che si attesta attorno al 17% e al 40% della spesa complessiva in R&S relativa al totale dei settori produttivi italiani.
“La nostra sfida – dice Giovanni De Gennaro, Presidente di Leonardo – consiste nella capacità di coniugare innovazione e sostenibilità, profitto e solidarietà, competitività e centralità della persona”.
“Dobbiamo incentivare le nostre imprese a investire di più in ricerca e sviluppo perché l’innovazione è fondamentale per sostenere nel tempo l’eccellenza Made in Italy sui mercati globali – dice Carlo Ferro, Presidente di Ice Agenzia -. L’economia italiana vive per il 32% di export e sono convinto che innovazione e internazionalizzazione possano dar vita a un circolo virtuoso in cui la prima accresce l’eccellenza dell’offerta, la seconda accresce la dimensione di scala e questa arricchisce la capacità di finanziare nuova ricerca e generare nuova innovazione”.
“Una delle principali sfide che abbiamo davanti – dice Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria – è dimostrare che sostenibilità ambientale sociale ed economica possono e devono progredire di pari passo come aspetti complementari tra loro e non antitetici”.
Innovazione Italia, 5 punti per il rilancio
Lo studio, infine, delinea cinque direttrici di policy per accrescere il ruolo propulsivo dei settori ad alta tecnologia in termini di crescita e sviluppo del Paese.
In primo luogo, l’adozione di un approccio sistemico alle politiche per la ricerca e l’innovazione, che attribuisca un ruolo fondamentale al settore pubblico nel migliorare la qualità sia degli elementi che costituiscono l’eco-sistema dell’innovazione sia delle interazioni e degli scambi di conoscenza tra gli stessi. In secondo luogo, la necessità di garantire al sistema innovativo flussi di investimenti “pazienti”, orientati al raggiungimento di obiettivi di medio-lungo periodo.
Terzo, l’adozione di politiche di tipo mission oriented che, in particolare, consentirebbero di affrontare le nuove sfide della società e raccogliere le opportunità relative alla trasformazione verde delle economie. Quarto, l’attuazione di strategie per massimizzare il ritorno dei programmi pubblici per la ricerca e l’innovazione evitando una eccessiva frammentazione delle risorse. Infine, il rapporto pone l’accento sul ruolo che l’Italia può avere nello sviluppo di un processo di convergenza che conduca alla creazione di una piattaforma industriale europea, in grado di rafforzare la competitività della componente ad alta tecnologia delle economie europee con effetti di upgrade tecnologico e di crescita che si diffonderebbero in tutta l’economia.