Clima infuocato all’assemblea straordinaria degli azionisti di Mediaset che ha dato il via libera alla modifica di alcuni articoli dello statuto di MediaForEurope, la holding olandese in cui dovrebbero confluire Mediaset e la controllata iberica Mediaset Espana secondo il progetto già approvato dai soci delle due aziende il 4 settembre.
L’assise ha deliberato sugli articoli 1, 13, 15, 40, 42 e 43 dello statuto di Mfe e sugli articoli 4, 5, 6, 7, 8, 11 e 13 dell’allegato sul voto speciale per gli azionisti di lunga durata, una struttura che permette a Fininvest il controllo di fatto sulla holding con sede in Olanda. I cambiamenti principali riguardano l’ammorbidimento delle barriere per l’accesso al voto maggiorato da parte degli azionisti con contenziosi verso la società, come nel caso di Vivendi, e le soglie dell’Opa, che passano dal 25 al 30% dopo la costituzione della società, con i francesi che in Mfe sarebbero vicini alla soglia del 25% e quindi avrebbero avuto l’obbligo di Opa dopo anche solo un ‘piccolo’ acquisto di nuove azioni.
“Se i Tribunali ci danno l’ok ce la facciamo”. Questo il commento di Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato di Mediaset, sulla possibilità che MediaForEurope possa vedere la luce entro l’inizio di marzo. Il progetto, su cui al momento pendono i pronunciamenti del tribunale civile di Milano previsto per il 21 gennaio e quello della Corte di Madrid, ha secondo Pier Silvio Berlusconi “solide basi industriali”: “ci sono altri broadcaster che hanno manifestato interesse nel partecipare al progetto, ma ovviamente fino a quando Mfe non esiste è tutto assolutamente in pausa”.
L’assemblea si era aperta questa mattina dopo il pronunciamento di ieri sera del Tar del Lazio, che ha respinto il ricorso d’urgenza presentato da Vivendi. Il Cda ha così deciso di non ammettere all’assemblea Simon Fiduciaria, che detiene circa il 19% del capitale della società e rappresenta il “contenitore” in cui Vivendi ha congelato una parte consistente della propria partecipazione nell’azienda della famiglia Berlusconi dopo il pronunciamento di Agcom del 2017. In quell’occasione l’authority aveva stabilito che Vivendi violava l’articolo 43 del Tusmar essendo contemporaneamente il primo azionista in Tim con il 24% e azionista quasi al 30% di Mediaset, concedendo ai francesi un anno di tempo per risolvere la questione scendendo in una delle due partecipazioni.
Tornando all’assemblea di questa mattina, vi ha preso invece parte regolarmente Vivendi con il suo 9,61%. In tutto alla riunione erano presenti 334 azionisti, in rappresentanza del 60,46% del capitale, pari a circa 714 milioni di azioni.
Dure le dichiarazioni di Fedele Confalonieri nei confronti dei soci francesi in apertura di assemblea, con il presidente di Mediaset che aveva sottolineato come dal suo punto di vista Vivendi agisca “in palese conflitto di interesse” con “il solo obiettivo di distruggere valore e non permettere a un concorrente di crescere”. I francesi, secondo Confalonieri, starebbero “cercando di mettere in stallo la nostra società”, perseguendo “mire e obiettivi soggettivi a spregio della società e di tutti gli azionisti, italiani e spagnoli”. “Non abbiamo mai avuto il piacere di ascoltare alcuna proposta industriale proveniente dalla loro sponda – conclude Confalonieri – che potesse avere un minimo di concretezza, nessuna idea, progetto, ipotesi di partnership che potesse rendere l’azienda più forte e redditizia a beneficio di tutti gli azionisti”.
Senza mezzi termini la risposta di Vivendi, che ha parlato attraverso Caroline Le Masne de Chermont, responsabile dell’ufficio legale, che annunciando il proprio voto contrario ha definito “abusivo” il piano di Fininvest e Mediaset. “Non voglio concludere il mio intervento parlando delle controversie in corso: preferisco rinnovare la nostra richiesta di evitare le spese e i ritardi causati da questa sconsiderata decisione del Consiglio di continuare a perseguire l’interesse di Fininvest – conclude – Abbiamo presentato da oltre un mese una proposta a Mediaset che consentirebbe di approvare la fusione con una struttura di governo societario equilibrata e non abusiva: con tale corporate governance Mfe avrebbe inoltre maggiori possibilità di perseguire il proprio progetto di creare un gruppo pan-europeo nel settore dei media, perché avrebbe il supporto degli investitori istituzionali delle società con cui ambisce a creare alleanze”.