E’ stata una protesta silenziosa ma che si è fatta sentire, l’assenza degli Olo alla presentazione della relazione di fine mandanto dell’Agcom da parte del presidente Corrado Calabrò. Che gli operatori alternativi a Telecom Italia avrebbero disertato l’evento era già stato preannunciato ieri dal Corriere della Sera. E in effetti oggi al palazzo della Minerva a Roma non si sono presentati i numeri uno di Vodafone Italia, Wind e Fastweb né i capi degli uffici regolamentari delle tre telco . 3 Italia si è fatta invece rapprentare dal responsabile dell’ufficio regolatorio.
Un’assenza che "parla" di dissapori e di un settennato "difficile" in cui gli Olo più volte sono saliti sulle barricate per protestare contro una gestione, quella dell’Authority, spesso e volentieri giudicata pro-Telecom Italia.
L’ultimo episodio di scontro in ordine di tempo è stata l’approvazione dei nuovi listini tariffari sull’unbundling che gli Olo non hanno mandato giù considerando le tariffe troppo alte per favorire lo sviluppo in Italia delle reti in fibra e "convincere" Telecom Italia a dirottare gli investimenti sull’ultrabroadband considerata la redditività del rame. Ma Calabrò, che nel corso degli anni, ha più volte ribadito il legame fra i prezzi dell’unbundling italiano con l’adeguamento alle richieste dell’Europa in tal senso. E nella corposa postilla (numero 37) a pagina 13 della relazione presentata oggi, ancora una volta il presidente ha messo nero su bianco la questione. "L’Autorità – si legge – ha modulato nel tempo i prezzi per il servizio di accesso (Wlr, bitstream, naked Dsl, unbundling) affinché le imprese concorrenti di Telecom Italia fossero incentivate a procedere lungo la scala delle dotazioni infrastrutturali (ladder of investments) e a raggiungere livelli di infrastrutturazione sempre maggiori. peraltro, la regolamentazione dei prezzi di servizio di accesso ha richiesto la ponderazione dei rischi sostenuti dalle imprese, così da garantire un’adeguata remunerazione degli investimenti in reti di nuova generazione, senza pregiudicare la redditività delle reti fondate sull’accesso disaggregato e la continua diminuzione dei prezzi finali. Tali valutazioni si sono riflesse nell’andamento dei prezzi regolamentati dei principali servizi di accesso forniti da Telecom Italia, che a partire dal 2009 hanno registrato un aumento, in un quadro di garanzia: tali prezzi, peraltro, risultano tuttora in linea con la media europea e gli incrementi sono stati consentiti solo previa verifica del raggiungimento degli obiettivi di qualità stabiliti dall’Autorità".
Secondo Calabrò inoltre "non è vero che il prezzo dell’unbundling del rame possa costituire una spinta al passaggio alla fibra ottica. Se si riducono le risorse vengono meno gli investimenti. La riprova è che l’Austria, dove l’unbundling è più basso della media Ue, è indietro nello sviluppo della fibra ottica e viceversa è elevato lo sviluppo della fibra in Svizzera e Norvegia che hanno già prezzi della rete in rame sopra la media Ue".
Sull’unbundling, inoltre, nelle ultime settimane si è riaperto un feroce scontro: la norma al Decreto Semplificazioni che consente la disaggregazione dei servizi di manutenzione da quelli di accesso all’ultimo miglio di rete di Telecom Italia è finita sotto la lente della Commissione europea a causa dell’invasione di campo, da parte della politica, in un terreno di gioco – quello della regolazione dei servizi di accesso e delle relative tariffe- di competenza esclusiva di Agcom, come stabilito dalla Direttiva Ue. Nonostante l’aggiustamento in zona Cesarini, l’Europa ha chiesto chiarimenti formali all’Italia in merito e non è esclusa la messa in mora, alias l’apertura della procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese.
Per Fastweb, l’effetto delle misure introdotte nei sette anni di operato dall’Agcom uscente è "la rimonopolizzazione del mercato della telefonia fissa." Telecom Italia è l’incumbent con la quota di mercato maggiore in Europa, il 53% rispetto a una media europea del 45%. In tale contesto – si legge in una nota dell’azienda – l’Agcom ha aumentato tutti i prezzi di internet all’ingrosso, in controtendenza assoluta rispetto agli altri paesi europei e alle posizioni comunitarie. L’aumento dei canoni all’ingrosso è stato pari a 120 milioni di euro solo nel 2012, 100 milioni nel 2011, 60 nel 2010 e circa 46 nel 2009. Viene spontaneo chiedersi come il presidente Calabrò, lamentando la bassa penetrazione di Internet in Italia – afferma Fastweb – non si ponga il dubbio di come tali aumenti dei prezzi all’ingrosso abbiano influito nel minare la diffusione della banda larga in Italia. Il recente intervento parlamentare sulla liberalizzazione dell’ultimo miglio e l’azione dell’Autoritaà della Concorrenza e del mercato, che ha bocciato gli impegni presentati da Telecom Italia per evitare una procedura per abuso di posizione dominante nella telefonia fissa – conclude Fastweb – mostrano la consapevolezza delle alte istituzioni italiane sul grave pericolo alla concorrenza".
Si chiude dunque all’insegna delle polemiche il settennato di Calabrò. E l’assenza degli Olo non è stata la sola. Al cospetto del presidente uscente questa mattina non si sono presentati nemmeno i commissari di centrosinistra – Sebastiano Sortino, Nicola D’Angelo e Michele Lauria – e Stefano Mannoni (centrodestra) quest’ultimo "giustificato" per gravi motivi di famiglia. L’assenza dei commissari del centro sinistra secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni è dovuta sia a questioni di metodo – il presidente non avrebbe condiviso la relazione con i commissari stessi prima della presentazioneerito – ma anche di merito per il contenuto della relazione stessa in particolare sulle tematiche relative alla televisione, pluralismo dell’informazione e conflitto di interessi.