La disputa commericale Usa–Cina ha già innescato una guerra fredda tecnologica. Lo ha dichiarato Brad Smith, presidente e Chief legal officer di Microsoft, sottolinenando che le tensioni arrivano da tutte e due le parti e non saranno risolte con le prossime elezioni presidenziali americane né con la sigla della “fase uno” della tregua nella trade war tra Stati Uniti e Cina. Il braccio di ferro continua e si sposta sempre più sul predominio hitech; molti analisti avevano del resto indicato fin dall’inizio della guerra dei dazi che le rivendicazioni commerciali nascondevano (e nemmeno troppo velatamente) le mire di Washington e di Pechino ad assumere il controllo su scala globale delle nuove tecnologie strategiche, dal 5G all’intelligenza artificiale.
Il presidente di Microsoft Smith, intervenuto alla conferenza Us China Series a Seattle, ha riportato la conversazione avuta con un alto funzionario del governo federale americano – senza farne il nome; Smith ha chiesto quanto fosse probabile la “cold war” tecnologica tra Usa e Cina e il suo interlocutore gli ha risposto: “È già iniziata“.
Un solo Internet globale? “Non esiste”
“In misura crescente a Washington, a Bruxelles, a Berlin, a Parigi, e anche a Pechino, le persone si chiedono: stiamo andando verso una nuova guerra fredda? Una guerra fredda tecnologica? È una delle domande a cui il 2020 darà risposta”, ha affermato Smith.
Smith si è soffermato su alcuni aspetti del mercato cinese e dell’economia online. Ha osservato che in Cina il Great Firewall, che filtra i contenuti online e restringe o blocca l’accesso ad alcune fonti e servizi, significa che un vero e unico Internet globale non esiste, ma che il mondo del web è di fatto diviso in zone di influenza e di potere.
Difficile fare affari in Cina
In rapporto alle opportunità di business per le imprese americane in Cina, Smith ha affermato che “il mercato cinese non è e non è mai stato completamente aperto alle aziende degli Stati Uniti“. Non è questa l’unica ragione che ha impedito a molte imprese americane di fare affari o comunque avere successo in Cina: le aziende americane non sono riuscite a captare e soddisfare i diversi gusti e le diverse esigenze del pubblico cinese.
Tuttavia Smith non ha tralasciato un cenno ad altre difficoltà per le imprese occidentali in Cina: “Non è difficile trovare software Microsoft in Cina e anche negli enti governativi cinesi. È più difficile trovare software Microsoft con licenze regolarmente pagate”, ha detto il presidente e capo legale del colosso americano. “Le cose stanno così, da venti o trent’anni”.
L’autarchia hitech
Microsoft in Cina realizza appena l’1,8% del suo fatturato, nonostante in Cina viva il 18% della popolazione mondiale, ha svelato Smith. Apple e, in misura minore, Qualcomm e Intel sono tra le poche aziende americane che sono riuscite a far meglio sul mercato cinese, secondo il top manager.
Dopo il divieto emesso dal dipartimento del Commercio americano per le imprese cinesi di approvvigionarsi di tecnologie Made in Usa, Microsoft ha chiesto e ottenuto un’autorizzazione speciale in deroga al bando per continuare a vendere ai clienti cinesi. Il permesso riguarda innanzitutto la vendita del sistema Windows.
Tuttavia Pechino ha reagito alle misure protezionistiche di Washington vietando a sua volte hardware e software americani nelle istituzioni pubbliche e negli uffici governativi cinesi entro il 2022. Secondo il Financial Times, che ha raccolto l’informazione da fonti cinesi, il piano di Pechino procederà a tappe fino ad arrivare ad essere completamente autonoma dalle tecnologie statunitensi, con ricadute dirette sui grandi dell’hitech a stelle e strisce, come appunto Microsoft ma anche Dell o Hp.
“Entrambe le nazioni rendono difficile per le tech companies dei due lati accedere al proprio mercato”, ha notato Smith alla conferenza di Seattle. Anche ora che è arrivato un primo accordo sulla disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, “sarebbe ingenuo pensare che le cose cambieranno rapidamente”.