FISCO

Digital tax, arriva l’endorsement di Tim Cook: “Norme fiscali da rivedere”

In vista del summit Ocse di fine mese, il ceo di Apple plaude agli sforzi della comunità internazionale: “Confido nell’accordo”. Il dossier anche sul tavolo Econfin. Il commissario Ue all’Industria, Thierry Breton: “Senza intesa globale, l’Europa agirà da sola”

Pubblicato il 20 Gen 2020

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Digital tax globale, arriva l’assist di Tim Cook. Il ceo di Apple, a poche settimane dal summit Ocse dove i governi proveranno a trovare la quadra sul meccanismo di tassazione internazionale, ha dichiarato che “il sistema fiscale globale delle società deve essere rivisto”, appoggiando dunque gli sforzi della comunità internazionale.

“Logicamente tutti sappiamo che è necessario riprogrammare il meccanismo fiscale – ha evidenziato il manager – Sarei sicuramente l’ultima persona a poter dire che il sistema attuale è perfetto. Sono fiducioso e ottimista che l’Ocse troverà un accordo”. La prossima riunione in sede Ocse in materia di web tax è prevista per il 29-30 gennaio.

Le mosse dell’Unione europea

Domani 21 gennaio l’Ecofin discuterà la proposta fiscale da applicare alle sole imprese che operano sul web. Fonti diplomatiche europee confermano le divisioni esistenti tra i Governi nazionali e riconoscono il rischio di tensioni nelle relazioni con gli Stati Uniti, contrari al regime fiscale differenziato per le imprese digitali.

La finalità della discussione in seno al Consiglio sarà quella di appianare le divergenze tra ministri Ue, in modo da presentarsi con una posizione comune davanti all’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

A questo proposito il commissario all’Industria ha fatto sapere che se il confronto a livello Ocvse non darà i suoi frutti, la Ue è pronta a prendere provvedimenti autonomi.

La strategia Ocse

In seno all’Ocse è operativa la “task force on digital economy” volta ad esaminare le regole concernenti la distribuzione dei profitti delle imprese digitali al fine di arrivare a un nuovo quadro condiviso di norme su dove vadano corrisposte le imposte e quale quota dei profitti possa essere tassata da ogni giurisdizione coinvolta.

Secondo obiettivo della task force è quello di architettare un nuovo sistema che assicuri che le multinazionali del digitale paghino una quota minima di imposte, al fine di proteggere gli Stati dal fenomeno della Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), ovvero l’insieme di strategie di natura fiscale che talune imprese pongono in essere per erodere la base imponibile e dunque sottrarre imposte al fisco.

Lo scontro Usa-Francia

Sono soprattutto le divergenze tra gli Stati Uniti e la Francia a mettere a rischio un accordo globale. Parigi è infatti tra le più strenue supporter di una tassazione “hard” per le big tech, avendo già approvato lo scorso luglio una legge ad hoc.

Proprio il varo delle norme francesi ha portato l’amministrazione Trump sul piede di guerra: la Casa Bianca ha minacciato dazi su vini, moda e auto.

Nei giorni scorsi i due Paesi, in occasione dell’incontro tra il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire e il Segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, hanno fatto prove di riavvicinamento, dandosi 15 giorni di tempo per trovare un compromesso prima del summit Ocse di fine mese.

Cosa prevede la digital tax francese

Le vendite in Francia dei gruppi del web saranno tassate al 3%, per un totale di mezzo miliardo di euro all’anno di gettito fiscale per lo Stato. Ribattezzata dai media come la “Taxe Gafa”, la tassa è destinata a società con entrate digitali mondiali di almeno 750 milioni ed entrate francesi superiori a 25 milioni di euro: colpisce dunque circa 30 imprese, per la maggior parte americane ma non solo, perché sono interessati anche big cinesi, tedeschi, spagnoli e britannici e francesi.

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