RINNOVO ALLE PORTE

Agcom, tutte le sfide sul tavolo della “nuova” Authority

Beauty contest, diritto d’autore online e unbundling: tre patate bollenti per il prossimo team

Pubblicato il 07 Mag 2012

analytics-120418111013

Le indiscrezioni a raffica che circolano da settimane sui nomi dei possibili successori di Corrado Calabrò e dei suoi 8 commissari (che scenderanno a 4) dicono qualcosa di importante sul sistema delle Tlc in Italia: sono il segno che, nonostante tutti i cambiamenti degli ultimi anni, si continua a guardare al regolatore come a un soggetto fondamentale per gli equilibri del settore. E non a torto, vista la rilevanza dei dossier, al massimo entro qualche settimana passeranno dall’attuale consiglio dell’Autorità al prossimo.

A generare tensioni e posizioni contrastanti sono oggi soprattutto tre argomenti: il diritto d’autore su internet, l’assegnazione delle frequenze digitali e i servizi di manutenzione sull’ultimo miglio della rete di Telecom Italia. Paradossalmente, ben due di queste patate bollenti sono state gettate sul tavolo dell’Autorità dal governo Monti proprio quando Calabrò e compagni si apprestavano a concludere senza troppe scosse i sette anni di mandato.

A interrompere definitivamente la loro tranquilla navigazione è stata la decisione di stoppare il beauty contest avviato dal governo Berlusconi sulle frequenze digitali, per assegnarle invece attraverso un’asta competitiva. Un paio di settimane prima c’era già stata la norma del Decreto Semplificazioni in base alla quale i concorrenti di Telecom Italia dovranno essere liberi di affidare a soggetti diversi dall’ex monopolista i servizi di manutenzione sull’ultimo miglio, che oggi pesano per 2 euro sui poco più di 9 dell’affitto mensile di ogni singola linea presa in unbundling.

Come ogni decisione politica in materia di Tlc, anche queste richiedono applicazioni regolamentari. Ed è quasi superfluo dire che entrambe sposteranno soldi e potere. La prima costringe Rai e Mediaset ad acquistare a suon di rilanci qualcosa che le regole precedenti affidavano loro sostanzialmente gratis (e sarà proprio l’Authority a scrivere, nei prossimi mesi, le regole da cui dipenderà quali soggetti parteciperanno alla gara e a quali condizioni). La seconda apre un punto interrogativo da diversi milioni di euro sui conti di Telecom Italia, visto che i prezzi dei servizi di manutenzione sono stati finora incastonati nel costo dell’unbundling senza alcuna possibilità di distinzione da tutto il resto e ora dovranno essere come minimo passati alla lente di ingrandimento.

Qui c’è oltretutto un’appendice europea che rende la questione ancor più delicata e complessa. L’iniziativa del governo, infatti, non è piaciuta al commissario di Bruxelles all’Agenda digitale, Neelie Kroes, che ha subito fatto conoscere le sue perplessità in materia con un altolà a Roma: un intervento diretto su questa materia significherebbe invadere il campo dell’Agcom e di conseguenza esporrebbe l’Italia al rischio di una procedura di infrazione da parte dell’Ue. Neppure la successiva correzione di tiro di Monti, con l’espressa indicazione dell’Agcom come soggetto deputato a realizzare le modifiche alla normativa, ha convinto la Kroes. Che continua ad aspettare chiarimenti.

Una situazione a dir poco imbarazzante per l’Authority (l’Ue che scende in campo per difenderla da una richiesta del suo governo di agire contro l’ex monopolista e principale vigilato), di fronte alla quale Calabrò ha dato prova della consueta diplomazia, rivendicando le sue prerogative e tempo stesso dicendosi fiducioso che queste non saranno violate. Come si muoverà il suo successore fra governo, Commissione Ue, operatore dominante e Olo? Di sicuro le scelte su questa materia saranno sotto i riflettori fin dal giorno dell’insediamento. Ma anche queste potranno rivelarsi poco più che schermaglie di fronte al tema che si annuncia come il più importante della prossima consiliatura: quello della proprietà intellettuale. Lo schema di regolamento messo a punto dall’attuale consiglio (contenente l’obbligo di rimuovere dai siti i contenuti che violano il diritto d’autore) ha il valore di una prima indicazione e già hanno suscitato prese di posizione agguerritissime dei due schieramenti in campo: i produttori tradizionali di contenuti (soprattutto grandi editori e produttori cinematografici) da una parte, i soggetti emergenti del web (a partire dai cosiddetti over the top come Apple e Google) e il pubblico dei consumatori dall’altra. Fra le patate bollenti che si troverà ad affrontare il prossimo presidente dell’Authority questa è sicuramente la più bollente di tutte.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati