Dopo la maxi multa da 230 milioni sul caso delle bollette a 28 giorni, l’Antitrust si prepara a deliberare su un altro dossier: quello della banda ultralarga. Il fascicolo si compone di diversi capitoli ed è Tim l’operatore nel mirino. La decisione dell’Autorità presieduta da Roberto Rustichelli è questione di poche settimane: l’Agcom, chiamata a dare il proprio parere, ha inviato il “plico” con tutte le proprie osservazioni lo scorso 30 gennaio. CorCom ha potuto visionare la sintesi dell’analisi dell’Autorità guidata da Angelo Marcello Cardani che in sostanza ritiene tutte le questioni in esame già “sanate” da precedenti provvedimenti.
Ecco il dettaglio delle questioni
L’offerta Easy Fiber e il repricing dei servizi Vula Ftth
L’Autorità – si legge – concorda con l’Agcom in merito alle potenziali criticità anticoncorrenziali dell’offerta Easy Fiber proposta da Tim nel corso del 2017. Ma la questione sarebbe già stata “chiusa” a seguito dell’intervento ex ante dell’Autorità: dopo le opportune valutazioni (delibera n. 87/18/CIR) la proposta non è stata approvata e dunque non è mai entrata in operatività. Agcom puntualizza che, “nelle more del rigetto dell’offerta da parte dell’Autorità, Tim aveva sottoscritto pochi contratti Easy Fiber con operatori di ridotte dimensioni e per poche migliaia di linee”, contratti annullati a seguito dell’adozione della delibera. In conclusione, sia in merito repricing dei servizi Vula sia relativamente all’offerta Easy fiber, “l’intervento dell’Autorità può aver già contribuito a impedire o limitare i conseguenti effetti concorrenziali ex post”.
Mercato retail: replicabilità delle offerte e lock-in dei clienti finali
Su entrambe le questioni all’esame dell’Antitrust, Agcom segnala di essere già intervenuta per rimuovere il rischio di effetti anticoncorrenziali sui mercati interessati. E in particolare sul meccanismo del lock-in sono due le delibere del 2018: la 348/18/CONS che riguarda le misure attuative nell’ambito del regolamento Ue 2015/2120 sull’accesso a un’Internet aperta, con specifico riferimento al cosiddetto “modem libero; e la 487/18/CONS nell’ambito delle “Linee Guida sulle modalità di dismissione e trasferimento dell’utenza nei Contratti per adesione”.
A seguito dell’applicazione della seconda delibera Tim ha dovuto modificare le proprie politiche di recesso rivedendo i meccanismi contrattuali applicati negli anni 2016, 2017 e 2018. L’Agcom evidenzia che, tenuto conto che la durata minima consentita del vincolo di un cliente residenziale è di 24 mesi (valore considerato anche nelle analisi di replicabilità dall’Autorità), gli effetti di un eventuale lock-in avrebbero comunque dovuto manifestarsi a partire dal 2018, ossia a due anni dall’avvio della commercializzazione delle offerte nel primo anno in esame, il 2016.
L’intervento dell’Autorità (delibera n. 487/18/CONS), si è concretizzato – si legge nella sintesi del parere – proprio nei mesi in cui gli effetti di lock in ipotizzati dall’Antitrust avrebbero potuto manifestarsi, eliminandoli, o – puntualizza Agcom – quantomeno riducendone fortemente, gli effetti. In conclusione, preso atto delle analisi dell’Agcm circa la condotta di Tim sul lock-in della clientela nella fase di passaggio da offerte broadband a offerte ultrabroadband, si ritiene opportuno evidenziare che gli interventi dell’Autorità possano aver già contribuito a impedire o limitare gli eventuali effetti restrittivi.
Malpractice sull’uso dei dati dei clienti
In merito alla questione del trasferimento di informazioni privilegiate dalla Divisione Wholesale alla Divisione Retail di Tim, Agcom evidenzia che dalle verifiche svolte sulle segnalazioni ricevute non è in generale stato possibile – tra l’altro come rilevato dalla stessa Agcm -, ottenere elementi oggettivi sulla effettiva riconducibilità a Tim dei soggetti (call center) coinvolti nelle azioni commerciali in parola, si legge nella sintesi del parere. A seguito delle verifiche Agcom ha notificato a Tim l’atto di accertamento e contestazione (n. 3/18/DRS, dell’11 dicembre 2018), per violazione degli obblighi di riservatezza delle informazioni trasmesse o memorizzate (di cui all’articolo 41, comma 3, del Codice delle comunicazioni elettroniche). In linea con le conclusioni dell’Antitrust, a Tim non è stato dunque contestato l’utilizzo delle informazioni wholesale per fini commerciali, mentre la società è stata richiamata per non essersi attivata con innovative misure organizzative per assolvere efficientemente all’obbligo di “custodia dei dati” (articolo 41 del CEE).
L’Autorità presieduta da Angelo Marcello Cardani evidenzia di avere già intrapreso azioni regolamentari nell’ambito dell’assurance e del provisioning in nome della criptazione dei dati sensibili dei clienti. Misure – puntualizza però l’Autorità – che possono limitare il fenomeno ma non eliminarlo del tutti essendo i dati dei clienti conoscibili da molteplici soggetti. Per tale ragione – puntualizzata ancora Agcom – al fine di disincentivare tale pratica illecita, il Tavolo Tecnico per l’adozione di un Codice di condotta sui call center consentirà di definire linee guida condivise tra tutti gli operatori per le modalità di acquisizione di nuovi clienti.
Nel parere viene inoltre puntualizzato che con la determina 3/18/DRS, Tim è già stata sanzionata.
Il dossier Cassiopea
Relativamente a questo dossier, ossia al Piano Cassiopea per le aree bianche (a fallimento di mercato) – sospeso dal Tim – Agcom non ha fornito commenti specifici essendo la questione non ritenuta di competenza sotto il profilo regolamentare. In un documento da 121 pagine l’Antitrust ha già ricostruito nero su bianco tutta la vicenda evidenziando una “strategia molto grave – si legge al punto 505 delle Considerazioni conclusive – specie nelle condotte finalizzate a compromettere lo svolgimento degli investimenti pubblici nelle aree bianche”. Una condotta a danno dei concorrenti e in particolare di Open Fiber, anche se il dossier indaga la situazione ad ampio spettro considerati anche i ricorrenti Infratel, Wind Tre, Vodafone ed Enel.
La sanzione: fino al 10% del fatturato dei servizi wholesale e retail 2018
Stando all’importo dell’eventuale sanzione a carico di Tim – al punto 518 dei “Criteri per la quantificazione della sanzione”, la multa sarebbe da calcolarsi sul 2018 ossia sul valore delle vendite del fatturato derivante dai servizi wholesale e retail, corrispondente rispettivamente a una forchetta fra i 700 milioni e 1,2 miliardi per la porzione wholesale e di 3-5 miliardi per quella retail. Forchette su cui è valutata una sanzione fino al 10% del fatturato stesso. Nel documento si puntualizza inoltre che relativamente a “specifiche condotte più gravi” potrebbe essere applicata una sanzione supplementare fra il 15% e il 25% sempre in merito al fatturato wholesale e retail.