Negli ultimi anni i dati hanno assunto importanza via via crescente nell’organizzazione delle attività di produzione e di scambio mentre la creazione la creazione di dati sta seguendo un processo esponenziale: nell’anno 2018 il volume totale di dati creati nel mondo è stato di 28 zettabyte (Zb), registrando un aumento di più di dieci volte rispetto al 2011: si prevede che entro il 2025 il volume complessivo dei dati arriverà fino a 163 Zb. Questa espansione, guidata dall’affermazione delle piattaforme on-line, subirà un’ulteriore accelerazione con la connessione tra oggetti e le applicazioni 5G.
In questo contesto si inserisce l’indagine conoscitiva sui big data elaborata da Agcom, Agcm e Garante Privacy che pone l’accento sulle nuove sfide a partire dall’impatto della profilazione algoritmica e delle piattaforme online sul grado di concorrenza in vecchi e in nuovi mercati rilevanti passando per l’effetto del programatic advertising sulla qualità dell’informazione, fino alla valutazione della privacy in ambiti non attualmente coperti dal Gdpr.
Il ruolo delle istituzioni e l’azione sovranazionale
Secondo le tre Autorità è urgente che Governo e Parlamento si interroghino sulla necessità di promuovere un appropriato quadro normativo che affronti la questione della piena ed effettiva trasparenza nell’uso delle informazioni personali, nei confronti dei singoli e della collettività. Come adeguando il qiadero normativo alle sfide dell’economia digitale ma anche impegnandosi a rafforzare la cooperazione a livello internazionale. “La crescente interdipendenza dei mercati e di sistemi economici fa sì che le questioni sollevate dall’economia dei dati assumano spesso carattere sovra-nazionale”, spiegano le Autorità che auspicano “un coordinamento tra tale policy e le strategie europee già esistenti per la costituzione di un mercato unico digitale”.
La raccolta dati e le asimmetrie informative
Cruciale anche ridurre le asimmetrie informative tra utenti e operatori digitali, nella fase di raccolta dei dati, nonché tra le grandi piattaforme digitali e gli altri operatori che le utilizzano. “Sia l’applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali che la strumentazione propria della tutela del consumatore – si legge nel report – possono offrire un contributo importante per la riduzione di tale asimmetria informativa, garantendo che gli utenti ricevano un’adeguata, puntuale e immediata informazione circa le finalità della raccolta e dell’utilizzo dei loro dati e siano posti nella condizione di esercitare consapevolmente ed effettivamente le proprie scelte di consumo”. Allo stesso tempo serve procedere a una progressiva riduzione delle asimmetrie informative tra le grandi piattaforme digitali e gli altri operatori che si avvalgono di tali piattaforme, aumentando la trasparenza dei criteri con i quali i dati vengono analizzati ed elaborati (ad esempio, nella definizione del ranking relativo al posizionamento e alla visibilità sulla piattaforma) e favorendo l’ingresso di nuovi intermediari dei dati che, su mandato degli utenti e nel rispetto della normativa a tutela della privacy, possano interfacciarsi con le grandi piattaforme globali con un accresciuto potere negoziale in merito alla contrattazione sul valore del dato e sul suo impiego commerciale.
Il nodo del pluralismo online
La concorrenza è senza dubbio uno strumento utile, ma insufficiente, per garantire la tutela del pluralismo. Anche un processo competitivo funzionante può, infatti, portare ad assetti di mercato incoerenti con un’informazione effettivamente pluralistica, in presenza di strategie di disinformazione nonché di fenomeni di autoselezione informativa, particolarmente diffusi nei comportamenti on-line, come il pregiudizio di conferma (confirmation bias), l’ancoraggio alle prime impressioni (anchoring effect), le camere d’eco (echo chamber), il conformismo di gruppo (groupthink effect) e così via. In questi casi, la disponibilità di una pluralità di fonti informative, e quindi l’operare del meccanismo concorrenziale dal lato dell’offerta, potrebbe non essere sufficiente a generare informazione verificata di qualità, diversità e pluralismo, potendo produrre anzi, in taluni casi, forme accentuate di autoselezione e polarizzazione nella ricerca e nella diffusione di informazioni (backfire effect). Dall’esperienza Agcomom emergono tuttavia alcuni evidenti limiti di forme di autoregolazione che non siano accompagnate da poteri di audit e di inspection circa il ruolo della profilazione algoritmica nella selezione dei contenuti. Risulta pertanto auspicabile una verifica terza e indipendente degli esiti e dell’impatto misurabile delle iniziative di autoregolazione. In questa prospettiva, sembrano opportune iniziative legislative volte ad assicurare alle autorità indipendenti preposte alla tutela del pluralismo, poteri di audit e di inspection circa la profilazione algoritmica ai fini della selezione delle informazioni e dei contenuti, nonché in relazione agli esiti dell’applicazione delle policy e delle regole
che le piattaforme digitali globali si sono date in tema di rimozione di informazioni false o di hatespeech.
La questione antitrust
Focus anche sulla questione antitrust. Con la diffusione dei Big Data, il controllo delle concentrazioni assume una nuova centralità: per aumentare l’efficacia dell’intervento delle autorità di concorrenza rispetto alle operazioni di concentrazione è auspicabile una riforma a livello nazionale e internazionale che consenta alle autorità di concorrenza di poter valutare pienamente anche quelle operazioni di concentrazione sotto le attuali soglie richieste per la comunicazione preventiva, ma che potrebbero risultare idonee a restringere sin dalla loro nascita importanti forme di concorrenza potenziale (come le acquisizioni da parte dei grandi operatori digitali di startup particolarmente innovative anche soprannominate “killing acquisitions”.
Rafforzare i poteri delle Autorità
Nello scenario delineato appare opportuno il rafforzamento dei poteri di acquisizione delle informazioni da parte di Agcm e Agcom di fuori dei procedimenti istruttori (indagini conoscitive, attività pre-istruttoria), anche prevedendo la possibilità di irrogare sanzioni amministrative in caso di rifiuto o ritardo nel fornire le informazioni richieste o in presenza di informazioni ingannevoli od omissive. Infine un’efficace politica pubblica per i Big Data e l’economia digitale richiede non solo l’enforcement, ma anche un’adeguata attività di advocacy di cui l’iniziativa congiunta tra Agcm, Agcom e Garante Privacy per contrastare le norme e le regolazioni volte a proteggere assetti di mercato “maturi” a scapito dello sviluppo delle innovazioni favorite dalla digitalizzazione e definire un level playing field attraverso misure volte alla rimozione degli ingiustificati vantaggi sotto il profilo fiscale e delle relazioni industriali di cui beneficiano i principali protagonisti della rivoluzione digitale.