Sono soprattutto i trojan – ovvero i captatori informatici “iniettati” nei telefonini o nei dispositivi portatili -, e in particolare il loro uso, i nuovi protagonisti del decreto intercettazioni. Il provvedimento, che ha superato il primo banco di prova del Senato con voto di fiducia, ha incassato la fiducia anche della Camera (304 i voti favorevoli, 226 i contrari), apprestandosi a compiere il passaggio finale con l’ok definitivo in programma per il 27 febbraio.
L’utilizzo dei trojan, era già previsto dalla riforma dell’ex Guardasigilli, ma lo circoscriveva alle inchieste riguardanti reati gravissimi, come mafia e terrorismo. Inoltre le intercettazioni erano conservate e custodite dalla polizia investigativa e potevano infine essere utilizzate esclusivamente nell’ambito del procedimento per cui erano state disposte. La nuova formulazione introduce significative novità.
Cosa prevede il nuovo decreto intercettazioni
Quella sui trojan è una delle norme che più ha suscitato le critiche delle opposizioni. I captatori informatici sono equiparati alle intercettazioni ambientali e viene introdotto l’obbligo di motivazione ulteriore che ne giustifichi l’utilizzo per i reati diversi da quelli di mafia e terrorismo purché si tratti di reati punibili con la reclusione oltre i 5 anni. Inoltre, sarà possibile utilizzare i trojan non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pubblici ufficiali, ma anche per quelli commessi dagli “incaricati di pubblico servizio”. Infine l’intercettazione attraverso captatore, come avviene nel caso di reati che coinvolgono pubblici ufficiali, potrà avvenire anche dentro le mura di casa.
Il provvedimento fa divieto di pubblicazione delle intercettazioni non rilevanti. Le intercettazioni irrilevanti sono coperte dal segreto, quindi non saranno mai pubblicabili. Quelle rilevanti, invece, essendo inserite nel fascicolo, saranno pubbliche e quindi possono essere diffuse.
La valutazione sulla rilevanza delle intercettazioni viene rimessa al pubblico ministero e, poi, al giudice per le indagini preliminari. Sarà dunque il pm – e non la polizia giudiziaria come previsto dalla precedente riforma Orlando – a dover selezionare il materiale per stabilire quali siano le intercettazioni di rilievo per le indagini e quelle, invece, irrilevanti.
Prevista anche una stretta sulla privacy: il pubblico ministero dovrà vigilare affinché nella trascrizione delle intercettazioni non siano riportate espressioni “sensibili”. La norma vale anche per le intercettazioni rilevanti, che dovranno essere depurate dai cosiddetti ‘dati sensibili’.
Le intercettazioni si potranno utilizzare come prova di reati diversi rispetto a quelli per cui erano state disposte solo se “rilevanti e indispensabili” per l’accertamento del reato. E, comunque, solo per quei reati intercettabili.