Competenze digitali avanzate, grado di istruzione elevato, maschio: è questo l’identikit dell’italiano che afferma di conoscere blockchain. Emerge dal report Retail Transformation 2.0 realizzata dal Digital Transformation Institute, secondo cui cresce di un 12% il numero di persone che sa definire la tecnologia. Ma il grado di applicazione, nel concreto resta scarso.
Nel complesso è cresciuto di un 12% il totale degli italiani che “sa in generale di cosa si tratti”, con soltanto un +2% rispetto allo scorso anno in grado di definire in modo preciso il significato di questa tecnologia. Scesi da un 52% a un 31% gli intervistati che dichiarano di non aver mai sentito la parola Blockchain.
Blockchain resta la tecnologia con cui le persone hanno meno confidenza, soprattutto se paragonata a social network, ben conosciuto dal 69% degli utenti, a intelligenza artificiale o realtà aumentata e virtuale (33%).
Alla blockchain, secondo la stessa ricerca, vengono associate le parole dati, struttura, registro e transazioni, insieme a fiducia e sicurezza. Permane anche nella rilevazione di questo anno l’associazione di idee tra blockchain e moneta virtuale, visto che tra le definizioni fornite dagli utenti si trova: “E’ la tecnologia sulla quale si basano le cripto-valute”.
Stefano Epifani: pochi proof of work
“Blockchain è forse la tecnologia che nel corso degli ultimi 12 mesi è stata più sovraesposta e, allo stesso tempo fraintesa – commenta Stefano Epifani, Presidente del Digital Transformation Institute –. Guardare al numero di quanti pensano di sapere di cosa si tratta e rapportarlo a quanti la usano effettivamente dà immediatamente contezza di quanto tale convinzione di competenza sia spinta da un tam tam mediatico privo di conseguenze pratiche in termini progettuali. E non è un caso che mentre abbondino proof of concept siano rari i proof of work”.
Nonostante cresca il grado di confidenza con il termine blockchain, il 69% degli italiani (erano l’81% nel 2018)dichiara di non aver mai acquistato un prodotto facendo riferimento alla sua tracciabilità garantita tramite blockchain. Solo un 6% dice di essere un “utente regolare” e un 25% afferma che gli è “capitato di provare”, con un +16% rispetto allo scorso anno per i millennials. E’ quasi parità tra gli utenti che si sentono completamente a loro agio con blockchain (28%) e quelli invece che non lo sono affatto (30%). Il 41% di chi non ha mai provato provato blockchain si dichiara interessato a testarne le opportunità.
Chi usa le criptomonete?
Pressoché invariata la percentuale di persone che dichiarano di non aver mai usato criptomonete (80% a fronte di un 81% del 2018). “E questo – chiosa Epifani – è l’indicatore più forte del fatto che la tecnologia blockchain, nella sua espressione più forte e significativa, ha trovato per ora un momento di saturazione. Che ovviamente non sarà eterno, ma impone una riflessione sulla differenza tra il tempo del quale le persone hanno bisogno per assorbire l’innovazione e quello che le aziende vorrebbero che fosse”.
Un 3% degli italiani si dichiara “utente regolare” e un 17% dice che gli è capitato di provare. Tra questi, un netto incremento (+13%) lo si registra tra i millennials, i 18-34 anni (+9%) e coloro che presentano competenze digitali alte (+7%). Poco confortante il dato di coloro che, pur non avendo mai fatto ricorso a una moneta virtuale, sono interessati a sperimentarla (19%).
Possibili sviluppi della blockchain
Dalla richiesta circa possibili applicazioni di blockchain, emerge che un 46% degli italiani si dichiara interessato a “realizzarci contratti elettronici” perché “questo ci farà risparmiare tempo e denaro, garantendoci affidabilità”. Un 45% ritiene che la blockchain sia una tecnologia imprescindibile per garantire la tracciabilità dei prodotti, mentre un 28% afferma che “un giorno non utilizzeremo più denaro ma solo criptovalute come i Bitcoin”.