L'INTERVISTA

Service transformation, Torelli: “È il mentre la dimensione centrale”

L’Head of Sales di Neodata Group: “Lo sviluppo di nuove offerte di prodotti e servizi non può prescindere dalla conoscenza approfondita delle esigenze dei clienti che mutano in funzione del contesto specifico e dello scenario competitivo. Ancora più importante della tecnologia è l’ecosistema”

Pubblicato il 28 Feb 2020

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Analisi dei dati e service transformation sono un binomio indissolubile: si può tranquillamente dire che senza l’una non esiste l’altra. Lo sviluppo di nuove offerte di prodotti e servizi non può infatti prescindere dalla conoscenza approfondita delle esigenze dei clienti e dal fatto che a loro volta le esigenze mutano in funzione del contesto specifico in cui si trova ciascun individuo e dell’evoluzione dello scenario competitivo.

Le soluzioni di business insight ricoprono un ruolo strategico nei progetti di service transformation. Proprio perché la sfida consiste nello scattare fotografie sempre più nitide di soggetti in continuo movimento, l’analisi dei dati è essenziale anche per comprendere in che modo strumenti e processi stanno aiutando effettivamente l’azienda a raggiungere il proprio scopo. Solo in questo modo, in caso di errori metodologici, è possibile correggere la direzione presa mentre si è in corsa. “Quando si parla di service transformation, bisogna sempre ricordarsi che non ci sono semplicemente un ‘prima’ e un ‘dopo’, c’è anche il ‘mentre’: nel momento in cui parte il processo di trasformazione, bisogna cominciare a misurare i parametri che ne descrivono l’evoluzione, sia in termini quantitativi, sia sul piano della qualità percepita dai clienti. È questa l’unica roadmap da seguire se si vuole avere successo”. A parlare è Matteo Torelli, Head of Sales di Neodata Group, specializzata nell’offerta di tecnologie e soluzioni per l’analisi dei dati. Abbiamo chiesto a Torelli cosa vuol dire oggi per un’impresa intraprendere il percorso della service transformation.

Quali obiettivi bisogna porsi quando si avvia questo tipo di processi?

È necessario prima di ogni altra cosa essere disposti a chiedersi continuamente se i clienti a cui proponiamo i nostri servizi, presi singolarmente, sono soddisfatti. Nella service transformation la dimensione del ‘mentre’ diventa centrale, in quanto il servizio, i soggetti che lo fruiscono e gli attori che lo generano fanno parte di un ecosistema che cambia in modo costante: nel mercato entrano nuovi player, intervengono variabili esterne, i competitor a loro volta introducono proposizioni simili, la regolamentazione si evolve di conseguenza. È tutto correlato, e nel momento in cui un’organizzazione comincia a creare o a trasformare i servizi, quindi, parte un processo che va attentamente misurato sia attraverso parametri globali – in grado cioè di descrivere quante persone utilizzano effettivamente il servizio, in che modo, con quale tasso di crescita, e dove – sia sfruttando insight capaci di mettere in risalto il grado di soddisfazione del singolo.

Quali sono le fonti di dati a cui attingere per generare questi insight?

Quelle che le aziende hanno a disposizione in casa, nei propri sistemi, a partire dal Crm e dai repository relativi a servizi già attivati, anche se spesso sono sottovalutate. Erroneamente, si tende a credere che i dati forniti da qualcun altro siano più corretti di quelli che abbiamo a disposizione. Sono entrato in contatto con aziende anche di un certo calibro che hanno acquistato dataset americani credendo di poter costruire insight più accurati, ma di fatto si sono trovate ad avere a che fare con informazioni poco mappabili per una popolazione particolare come quella italiana. Spesso, inoltre, si trascurano i dati che già si posseggono perché sono difficilmente utilizzabili o mal organizzati: non di rado è persino complicato riuscire a capire dove si trovano gli input di cui si ha bisogno, avendo a che fare anche con soluzioni legacy e dati non strutturati. Per questo, prima di ogni altra cosa, quando si affronta il tema della service transformation, è importante consolidare le informazioni in proprio possesso e imparare a sviscerare quelle destrutturate. È un lavoro il più delle volte considerato scomodo perché faticoso, ma si rivela prezioso per lo sviluppo del business in quanto premessa per qualsiasi tipo di analisi.

Dove bisogna guardare per comprendere e trasformare la user experience misurando la soddisfazione degli utenti?

Oltre a quelli inclusi nel già citato Crm, vanno presi in considerazione i dati generati dalle interazioni dei clienti con l’intera superficie digitale dell’azienda. Una superficie sempre più estesa, determinata, solo per citare alcuni elementi, dal sito web, dal portale e-commerce, dalle campagne pubblicitarie online e dagli investimenti fatti in tutte le direzioni, sia sui social media, sia soprattutto rispetto alle iniziative speciali. Mi riferisco a tutta quella serie di operazioni che permettono ai brand di trascendere il concetto di awareness, aiutando i clienti ad associare alla comunicazione digitale un’esperienza vissuta sul piano fisico. Un approccio che costituisce un incentivo per il target a intraprendere un’azione specifica che gli permetta di rafforzare la relazione con il marchio approdando sulla superficie aziendale. Poi c’è tutto il mondo del proximity marketing. I beacon installati nei punti vendita o nei luoghi di interesse comunicano con i device che tutti noi abbiamo in tasca e consentono alle imprese di ottenere dati preziosissimi: informazioni che, opportunamente elaborate, mettono le aziende in condizione di targettizzare persino le persone che entrano nei negozi dei competitor.

Può fare qualche esempio di successo di service transformation?

Il maestro della service transformation è indubbiamente Amazon, che al contrario di quanto si pensi non è l’e-commerce più conveniente, bensì la piattaforma che fornisce ai consumatori servizi per lo shopping nel modo più semplice, veloce e chiaro possibile. La chiave del successo di Amazon sta tutta nella capacità di semplificare una serie di esperienze. Anzi, nella capacità di offrire un’esperienza unificata attraverso la quale gli utenti riescono a tenere tutto sotto controllo. Potrei anche citare il caso di un cliente di Neodata, una grande online travel agency che ha sviluppato diversi livelli di revenue e modelli di business. Da un certo punto di vista è anche una media company, che sfrutta i dati raccolti dalle ricerche sulle destinazioni effettuate dagli utenti sia per valorizzarli sotto forma di contenuti, vendendo il traffico sul network, sia al tempo stesso utilizzandoli per effettuare misurazioni di qualità, sia per generare servizi aggiuntivi in funzione delle caratteristiche e delle necessità di ciascun cliente. In questo senso, si va ben oltre la proposta di complementi per i pacchetti turistici acquistati, come il noleggio auto o gli sconti sulle maggiori attrattive della destinazione: se per esempio, grazie all’analisi dei dati in real time, il sistema identifica in un cliente diretto a Milano il profilo di un appassionato di automobili e verifica la disponibilità in catalogo di drive experience al circuito di Monza, si può passare dall’erogare un servizio di prenotazione all’offrire un’esperienza personalizzata e unica. Senza aver bisogno di cambiare il sistema di gestione della vendita.

Quali soluzioni conviene adottare per intraprendere questo percorso?

La prima cosa che mi viene da dire è che più importante ancora della tecnologia, è l’ecosistema. È il motivo per cui le soluzioni di Neodata dedicate alla service transformation, a partire da exaudi, la nostra piattaforma di gesitone dell’audience, hanno per caratteristiche principali la flessibilità e la scalabilità. exaudi è uno strumento con funzionalità ben precise, una piattaforma state-of-the-art per la sua categoria, ma rispetto ad altre soluzioni si contraddistingue per due particolarità. In primo luogo, è sviluppata e gestita da noi: siamo quindi in grado di farla evolvere esattamente nella misura richiesta dal cliente, integrandola con soluzioni proprietarie e legacy, se necessario. exaudi può anche funzionare come data lake, in modo da permettere alle imprese di raccogliere e gestire grandi volumi di dati di qualsiasi natura, ricevendo e manipolando in tempo reale informazioni non strutturate, anche non cookie-based, come quelle che arrivano dai sistemi IoT, a partire dalle smart Tv e dai device connessi. Il secondo elemento peculiare è il cuore di intelligenza artificiale, nativamente predisposto all’interno della piattaforma. Una vera unicità nel settore, che permette a exaudi di correlare dati noti e input di contesto e di generare informazioni nuove su utenti anonimi, diventando essa stessa fonte di dati. Come detto, però, quello tecnologico non è il fattore primario quando si parla di service transformation. Si tratta di un percorso da affrontare mettendo a fattor comune competenze e discipline molto diverse, focalizzandosi in particolar modo su quelle che formano il dominio in cui si sviluppa il business del cliente.

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