L'EMERGENZA

Data tracing? Pisano: “Valutiamo, ma scelta va condivisa con il Garante Privacy”

La ministra dell’Innovazione dice la sua sull’eventualità di adottare app e soluzioni per il tracciamento dei cittadini con l’obiettivo di arginare i contagi da Coronavirus: “Necessario tutelare diritto alla salute e alla riservatezza”

Pubblicato il 20 Mar 2020

paola pisano

Data tracing tra diritto alla salute e diritto alla privacy. Il governo italiana sta riflettendo se sia o meno possibile utilizzare sistemi di tracciamento per monitorare le aree di contagio da Coronavirus. “Non stiamo ragionando su come tracciare, ma sul fatto se tracciare sia la risposta per salvare vite umane o no”, ha spiegato la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, intervistata da Radio 24, riferendosi ai progetti per un’applicazione in grado di ricostruire i movimenti in funzione anti Covid-19.

La risposta bisogna darla insieme al Garante per la Privacy – ha puntualizzato – Il diritto alla privacy è un diritto fondamentale altrettanto come quello alla salute. Se fosse mostrata l’efficacia ne parleremo insieme al Garante e a tutti gli attori e poi prenderemo una decisione”. Nessun intento punitivo, però.

“ Bisogna – ha evidenziato – capire se serve (l’app di tracciamento ndr) a salvare vite umane, vista l’emergenza sanitaria innescata dal Coronavirus. Questa è la domanda che ci dobbiamo fare”.

Per ora stiamo ragionando sull’utilizzo dei dati per riuscire ad analizzare fenomeni del genere – ha annunciato – Noi non avevamo all’interno del governo una struttura preparata per la gestione dei dati, ora la stiamo mettendo in piedi”.

E nella strategia anti-Coronavirus un ruolo lo può giocare Spid. “Per noi sarebbe interessante riuscire a fare un’autocertificazione – ha detto la ministra – che si lega a Spid, all’identificativo digitale unico, in modo da sapere a chi appartiene. Oggi questo processo – spiega – fa ancora fatica ad entrare nella mentalità della PA, che preferisce gestire le cose, soprattutto in questo periodo di emergenza, in modo più standard. Il ministro dell’Interno, che ha la responsabilità sulla gestione dei permessi e dell’autocertificazioni, è quello competente”.

La proposta della Lega

Nei giorni scorsi ad accendere i riflettori sul data tracing era stata la Lega. Alessandro Morelli, deputato della Lega e presidente della Commissione Trasporti e Tlc della Camera, ha proposto di aprire un tavolo con le telco per discutere della questione.

Big data contro il Coronavirus, subito tavolo con le Telco per perseguire le best practice Corea – ha spiegato Morelli – L’Italia ha operatori solidi che si sono già messi a disposizione, università e start-up in grado di lavorare per contribuire a contenere i contagi attraverso lo studio dei dati. La battaglia, infatti, non è solo sanitaria, perché la gestione dei big data può contribuire a vincere la sfida come dimostra l’esperienza coreana. Siccome non stiamo parlando di una oppressiva dittatura comunista, ma di un Paese democratico, ritengo fondamentale seguirne l’esempio anche sotto il profilo della privacy del cittadino, ricordando che, vista la situazione, la stragrande maggioranza degli italiani aderirebbe ad una campagna di screening digitale anche volontariamente”.

In Europa qualcosa si sta muovendo. I ricercatori dell’Università di Oxford stanno aiutando i governi europei, incluso il Regno Unito, ad esplorare la fattibilità dello sviluppo di un’app mobile per tracciare i malati da Coronavirus e i loro contatti più recenti.

Il modello Corea

Un grosso aiuto nella lotta al coronavirus in Corea è arrivato dai big data, con la diffusione di app che permettono di localizzare aree di maggiore contagio, “Corona 100m” che ha avuto un boom di download nei giorni di picco.

Questo tipo di app e un sistema centralizzato di videosorveglianza – tracing digitale – rende pubblici movimenti e transazioni dei cittadini affetti da coronavirus tramite tecnologia Gps e permette a chi non è malato di sapere se è stato in contatto con persone che hanno contratto la malattia.

In campo anche stazioni mobili per il test collegate da remoto con gli ospedali, visite nelle abitazioni, e punti di controllo in strada e agli automobilisti. La Corea del Sud è il Paese che ha fatto il maggiore numero di test rispetto al totale della popolazione, superando quota 240 mila in un mese e mezzo. 

Il tempo impiegato per i test è di circa dieci minuti e riduce al minimo l’esposizione agli operatori sanitari e agli altri pazienti.

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