L'INTERVENTO

Data tracing, per ogni vita umana salvata ben valga l’uso di una app

L’emergenza Covid-19 sta già irrimediabilmente comprimendo diritti fondamentali come quelli alla salute e al lavoro. Una soluzione di tracciamento gestita dallo Stato, con un orizzonte temporale limitato e definito, può essere fondamentale per salvaguardare gli individui. L’analisi di Anna Cataleta e Gabriele Faggioli

Pubblicato il 25 Mar 2020

Anna Cataleta

Avvocato, Partners4Innovation

Gabriele Faggioli

Direttore Scientifico Osservatorio Cybersecurity & Data Protection Politecnico di Milano, Ceo Partners4Innovation

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La discussione etica intorno all’ uso del data tracing infiamma i banchi della politica e le round table degli esperti. Da un lato l’esempio del modello coreano, efficace al punto da far diminuire in sole due settimane significativamente il numero di contagi  dall’altro il più volte paventato spettro di una deriva antidemocratica, di una distopica sorveglianza di massa causata dall’inevitabile compressione dei diritti democratici legati alla privacy.

La verità, però, è che non c’è più tempo. L’emergenza Covid-19 sta già irrimediabilmente comprimendo una serie di diritti fondamentali primi tra tutti diritto al lavoro ed il diritto alla salute.

Quello alla privacy è, fortunatamente, un diritto resiliente oggetto di una legislazione che incorpora previsioni in grado di limitarne l’ampiezza senza tuttavia ridurne l’efficacia. Ciò grazie ad un meccanismo risk based secondo cui quanto più alto è il rischio di totale compromissione di diritti e delle libertà degli individui legati alla privacy, tanto più si costruisce intorno a quegli stessi diritti e libertà una rete di protezione fatta di garanzie. L’obiettivo è salvaguardare l’individuo ma occorre considerare che il diritto del singolo alla protezione dei propri dati personali non può voler dire l’irragionevole restrizione dei diritti altrui  ed è quindi corretto valutare se una momentanea limitazione di questo diritto sia accettabile di fronte dell’innegabile beneficio che ne deriverebbe per  migliaia di vite.

Il Governo ha aperto una fast call è quello al fine di trovare soluzioni che gli consentano di operare su due fronti: monitoraggio e prevenzione dell’epidemia, tramite “tecnologie e soluzioni per il tracciamento continuo, l’alerting e il controllo tempestivo del livello di esposizione al rischio delle persone e dell’evoluzione dell’epidemia sul territorio”. Rientrano in questo ambito sistemi di analisi dati, tecnologie hardware e software utili per la gestione dell’emergenza sanitaria; telemedicina e teleassistenza, tramite “app e soluzioni tecniche di teleassistenza per pazienti domestici, sia per patologie legate a Covid-19, sia per altre patologie, anche di carattere cronico”. Rientrano in questo ambito: app e chatbot per l’automonitoraggio delle condizioni di salute, rivolte a tutti i cittadini o solo ad alcune fasce (come i soggetti sottoposti a isolamento fiduciario).

In relazione al primo tema, il data tracing, lo scopo è facilmente intuibile: monitorare gli spostamenti delle persone al fine di controllarne il livello di esposizione al rischio ed avere un allerting costante sull’evoluzione dell’epidemia sul territorio. Questo aiuterebbe nella limitazione dei contagi con beneficio per il sistema sanitario e avrebbe quindi, come effetto, la possibilità di salvare vite umane evitando contagi e permettendo cure migliori.

Le tecnologie sono già disponibili: la maggior parte delle app presenti sui nostri dispositivi mobili monitorano i nostri spostamenti, si va dai servizi di food delivery a quelli per la geolocalizzazione del cellulare.

Sarà necessario intervenire con gli strumenti normativi messi a disposizione dalla nostra Costituzione nei casi d’urgenza e molti autorevoli commentatori hanno già provato ad immaginare quali possano essere. Al di là di quale sentiero formale normativo venga scelto quello che è certo è che per far fronte alla suddetta esigenza la strada dovrà essere tracciata adesso dal Governo, senza ulteriori indugi.

La soluzione a questo punto, superato il nodo normativo su cui si spera prevalga un orientamento giuridico sostanziale più che formale, potrebbe essere quella di una App totalmente pubblica, distribuita granularmente dallo Stato, sviluppata in ossequio ai principi generali enunciati dal Regolamento Europeo di minimizzazione dei dati e limitazione delle finalità e soprattutto con un orizzonte temporale limitato e definito: la fine stato di emergenza.

Ma una cosa per noi è certa: ogni vita umana salvata ben vale l’uso di una app e una compressione temporanea del nostro diritto alla riservatezza e alla libertà di movimento. Soprattutto se avremo, come siamo certi, un governo e un parlamento capaci di non fare di una emergenza, di una eccezione, la regola negli anni futuri che ci aspettano.

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