Il digitale è essenziale per lo sviluppo dell’economia nazionale per i ricavi che genera e il vantaggio competitivo per tutti i settori. L’Italia paga il passato disinteresse della politica verso l’Ict con una forte contrazione dell’industria nazionale. Nel nostro Paese solo il 2,1% del Pil è generato da servizi digitali, rispetto ad una media europea del 4,2%. La Gran Bretagna ha un Pil digitale di oltre il 7% e punta al 12% entro tre anni.
La nostra Agenda Digitale è un primo passo per rilanciare il Paese con l’Ict. Oltre alla banda larga, è fondamentale garantire la diffusione dei servizi digitali nelle Pmi, con incentivi ma anche con la formazione per infondere la cultura digitale e superare il digital divide. L’Agenda Digitale oltre che predisporre le infrastrutture tecnologiche deve rivedere i processi organizzativi, sostituendo quelli cartacei con i digitali (dematerializzazione) e creando maggiore valore aggiunto. Vanno affrontati i problemi dei contenuti e dell’interoperabilità dei servizi; rivista l’ingegneria organizzativa. L’Ict da sola non basta! Attenzione merita la formazione, a partire dai lavoratori non “nati digitali”. Urge lavorare su una filiera completa che preveda lo sviluppo delle infrastrutture, del capitale umano, l’ammodernamento delle organizzazioni, stimoli il mercato e gli utenti, attraverso la Pubblica Amministrazione.
La maggiore diffusione di servizi di eGovernment darà effetti positivi sul mercato e sull’evoluzione dell’offerta liberando risorse. Fin dalla progettazione delle architetture di rete va considerata la sicurezza, nell’accezione anglosassone di security. Troppo spesso è ancora pensata solo alla fine, ossia troppo tardi. Niente di più sbagliato e costoso. Vale anche per il mondo digitale: “prevenire è meglio che curare”. Il concetto di “design for security” deve essere chiaro in tutte le fasi realizzative dell’Agenda Digitale: ogni carenza o disfunzione delle reti digitali, con l’”effetto domino”, si ripercuoterebbe sul Sistema Paese penalizzandolo pesantemente.