Debutto con il botto per Facebook, che parte subito in rialzo del 10% a 42 dollari per assetarsi poi sopra i 38 dollari (+0,13%) prezzo fissato per il collocamento. Le contrattazioni inziano con una mezzora di ritardo per problemi tecnici dei trader al Nasdaq. Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, dal quartier generale californiano della compagnia, ha suonato la campanella dando il via alle contrattazioni della seduta di Wall Street per il debutto in borsa della sua creatura. Vestito con la solita felpa con cappuccio, Zuckerberg ha premuto il pulsante circondato da centinaia di dipendenti che applaudivano. Dopo aver raccolto 16 miliardi di dollari in uno dei più grandi collocamenti della storia degli Usa, secondo in assoluto dopo Visa, ma prima di General Motors, il titolo Facebook doveva iniziare gli scambi sui circuiti del Nasdaq alle 17 ora italiana. Ma per problemi tecnici dei trader al Nadaq gli scambi sono slittati di una mezz’ora e l’inizio delle contrattazioni è partito a quota 42 dollari per azione, il 10% in più del prezzo fissato alla vigilia. Nel primo minuto di quotazioni scambiati 80 milioni di pezzi.
In negativo gli altri colossi del web, con Zynga che in calo del 13% è stata sospesa, Groupon perde il 6,9%, LinkedIn è in calo fino al 5% E Pandora media che arretra del 6,6%.
Occhi puntati sull’Ipo più importante degli ultimi anni, 104 miliardi di capitalizzazione di mercato di partenza, più di Starbucks e Hewlett Packard messe insieme. Il prezzo per azione è stato fissato a 38 dollari, il massimo della forchetta collocando così Facebook con i suoi 16 miliardi di dollari raccolti il maggior collocamento borsistico nella storia degli Stati Uniti. Sono stati venduti tutti i 421,2 milioni di titoli.
Secondo trader e analisti, è prevedibile un rialzo del 15-20% visto che ha aumentato la forchetta indicativa e anche il numero di azioni collocate. Ci sono anche gli scettici riguardo alle reali capacità del gruppo di generare stabilmente profitti, traducendo in denaro l'”affetto” di oltre 900 milioni di utenti nel mondo. Sulla base del prezzo di collocamento di 38 dollari, Facebook viene valorizzata oltre cento volte gli utili attuali, contro 14 volte di Apple e 19 volte di Google.
La quotazioni Facebook farà guadagnare a Bono Vox, il cantante degli U2, più di quanto incassato con la sua trentennale carriera. Bono nel 2009 ha acquistato il 2,3% di Facebook per 90 milioni di dollari: una partecipazione che con l’ipo – secondo i calcoli di Elevation Partners – salirà a 1,5 miliardi di dollari. Bono diventerà così la più ricca rockstar del mondo, superando Paul McCartney con i suoi 1,05 miliardi di dollari. Prima dell’ipo, Bono ha accumulato 900 milioni di dollari in 30 anni sul palcoscenico.
L’effetto immediato sarà quello, se le previsioni ottimistiche verranno rispettate, di trasformare i dipendenti del gruppo che hanno in mano pacchetti azionari in stock option in potenziali milionari. Non solo, ma le attese di un boom sta alimentando anche le aspettative di un decollo dei consumi e del mercato immobiliare nell’area della baia di San Francisco dove la società ha sede. Nel quartier generale di Menlo Park, intanto, è festa, in attesa che si aprano le danze.
Intanto, il co-fondatore di Facebook, Eduardo Saverin, è finito nel mirino del Senato americano: i senatori democratici Chuck Schumer e Bob Casey presentano un progetto di legge per evitare “fughe” fiscali come quella di Saverin, che ha rinunciato alla cittadinanza americana, per assumere quella di Singapore. Una mossa che gli consentirà di evitare il pagamento al fisco statunitense di 67 milioni di dollari sulla sua quota in Facebook.
Critiche che Saverin respinge con forza, tanto da “offrirsi” di pagare le tasse negli Stati Uniti, imposte che si aggirerebbero su un centinaio di milioni di dollari.
Facebook potrebbe essere “la prossima Google” secondo alcuni analisti, che paragonano l’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, a un nuovo “Steve Jobs”. Nonostante l’ipo Zuckerberg mantiene il controllo della società, con il 57,5% dei diritti di voto.
Facebook da quando ha presentato la documentazione per l’ipo in febbraio ha portato a termine diverse acquisizioni, in primis quella di Instagram che si trova sotto il faro dell’antitrust, e valutato o apportato cambiamenti nel proprio modello di business per renderli maggiormente redditizia. L’ultima novità introdotta è l’avvio di un sistema a pagamento per chi vuole assicurarsi che i propri amici vedano i post che vengono scritti. Il servizio è stato avviato in Nuova Zelanda a un prezzo di 1,53 dollari.
I dubbi, in particolare, riguardano la capacità di Facebook di monetizzare il trasferimento progressivo degli utilizzatori verso smartphone e tablet e la capacità di valorizzare l’advertising, prima fonte di reddito del social network che secondo molti anailisti non garantisce ancora sufficienti guadagni agli inserzionisti.
“L’utilizzo in mobilità sta passando quello via computer”, si legge in uno studio di Susquehanna Financial Group, “la monetizzazione potrebbe calare nel breve termine perché il mobile consente soltanto poca o niente pubblicità, per via delle dimensioni limitate degli schermi”. Martedì scorso, General Motors ha annunciato che non acquisterà più spazi pubblicitari su Facebook, rilanciando il dibattito sull’efficacia dell’advertising online.
Pizzetti, Ipo non è un problema per la privacy
“Non direi che il fatto che Facebook entri in Borsa ponga dei nuovi problemi dal punto di vista dei dati personali”. Lo ha detto il presidente dell’autorità garante per la privacy, Francesco Pizzetti, interpellato sulla quotazione del social network a margine del Forum Pa. “Non possiamo immaginare che Facebook faccia un uso dei dati ulteriore e diverso da quello necessario per far funzionare la piattaforma – ha aggiunto – e la quotazione non vedo perchè debba stupire, Facebook è dichiaratamente una società multinazionale for profit e quindi è orientata al guadagno”. “Casomai si può valutare l’importanza che ha e la risposta che le borse le hanno dato, anche in un momento così difficile – ha concluso Pizzetti – con l’ingresso in borsa Facebook ha sottoposto al mercato e non più solo agli utenti il valore della sua attività. Noi dobbiamo immaginare, fino a prova contraria, che tutto questo avvenga nel rispetto delle regole”.
Violazione privacy, class action negli Usa
Una class action che potrebbe costare a Facebook 15 miliardi di dollari. Ad avviarla sono stati un gruppo di utenti del social network, accusato di aver violato le norme sulla privacy perchè ha continuato a ‘seguirè gli utenti anche una volta che si erano disconnessi dai loro account sul social network. Lo riporta la stampa americana. L’azione legale è stata avviata presso la Corte Federale di San Josè in California. “Non è solo un’azione per danni ma è un caso che riguarda i diritti di privacy nell’era digitale che potrebbe avere ampie e significative implicazioni” afferma David Straite, partner dello studio legale Stewarts Law. La causa unisce 21 azioni legali e fa riferimento al ‘Us Wiretap Act’, che regola le comunicazioni elettroniche, per determinare quanto ogni utente dovrebbe essere ricompensato da Facebook per la violazione della privacy. «I danni previsti dalla legge sono superiori a 100 dollari per violazione al giorno, una cifra – si legge nell’azione legale – che sale a 10.000 dollari per gli utenti di Facebook».