Una lettera al Garante per la privacy, per chiedere risposte su eventuali rischi derivanti dell’attuazione di processi penali da remoto. E’ l’iniziativa della Giunta dell’Unione Camere penali italiane, che si dice “attenta alla tutela dei diritti di tutti i cittadini, e quindi anche dei loro dati personali, coinvolti direttamente o indirettamente nei processi penali, e al corretto svolgimento del processo penale in tutte le sue fasi ed articolazioni”.
I penalisti ribadiscono la loro “radicale censura di ogni forma di smaterializzazione del processo penale in ragione della evidente compromissione dei principi costituzionali che lo regolano”, e sottolineano che la legge di conversione del decreto Cura Italia, al momento approvata dal Senato della Repubblica, “intende ampliare ulteriormente le ipotesi di processo penale da remoto, estendendole persino agli atti di indagine e alle camere di consiglio (segrete), nel corso delle quali i giudici possono costituire la camera di consiglio da remoto, collegandosi ad una stanza virtuale ognuno da un suo terminale”.
Le Camere penali osservano inoltre che il collegamento da remoto per lo svolgimento delle udienze, degli atti di indagine e delle camere di consiglio “avviene nella rete internet pubblica, e non nella Rete Unica Giustizia, quindi i dati delle connessioni sono facilmente intercettabili”.
Nella lettera al Garante Antonello Soro, sottoscritta dal presidente e dal segretario dell’Ucpi Gian Domenico Caiazza ed Eriberto Rosso, si chiede quindi quali siano le misure di sicurezza e le procedure per il trattamento dei dati previste per le udienze da remoto.