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Coronavirus, la carica delle app: ce ne sono già quasi 100

I dati dell’Università Cattolica: si tratta soprattutto di soluzioni di telemedicina per monitorare i pazienti affetti da Covid-19 o patologie croniche. Sono utilizzate in 17 regioni: mancano all’appello solo Friuli Venezia Giulia, Molise e Calabria

Pubblicato il 24 Apr 2020

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Nel momento in cui si fa sempre più “caldo” in Italia il dibattito sul’app Immuni, individuata dal governo per il data tracing in vista della fine del lockdown, emerge che le Regioni stanno già utilizzando una serie di applicazioni per fronteggiare l’emergenza Coronavirus e anche una serie di altre patologie croniche, decongestionando così le strutture ospedaliere dai consulti non necessari. A censirle è il rapporto settimanale dell’Alta scuola di economia e management dei servizi sanitari dell’Università Cattolica, secondo cui sarebbero ben 89 le applicazioni utilizzate ormai da 17 regioni. A non servirsene, secondo le rilevazioni dell’ateneo, rimangono soltanto Friuli Venezia Giulia, Molise e Calabria. 

Non si tratta ancora però, nella maggior parte dei casi, di applicazioni che servono a tracciare il contagio, quanto di soluzioni di telemedicina, che servono a monitorare e assistere a distanza le persone in isolamento domiciliare che hanno contratto il coronavirus ma anche chi deve fare i conti con patologie di altro genere.  

Più nello specifico, sono 28 le soluzioni che servono esclusivamente al monitoraggio dei pazienti Covid: il numero è così alto perché alcune sono state adottate da singole aziende sanitarie, e quindi nella stessa regione o facile che siano utilizzate applicazioni diverse per aggiungere gli stessi obiettivi. 

Il gruppo di lavoro coordinato da Americo Cicchetti ha inoltre evidenziato che 57 sono quelle utili per la gestione “a distanza” dei pazienti affetti prevalentemente da diabete (10), problemi cardiovascolari (9) e per pazienti oncologici (6). Otto applicazioni sono invece indirizzate nello specifico alla medicina di famiglia.

“Si tratta di pazienti che in questo periodo hanno dovuto rinunciare a recarsi in ospedale o in ambulatorio per via dell’emergenza – spiegano gli autori dello studio – Il 39% di queste soluzioni assicura visite a distanza, il 34% soluzioni per il monitoraggio dei pazienti a casa e il 10% si rivolge a pazienti in Rsa. Il 30% delle soluzioni utilizza una combinazione tra contatto telefonico e scambi di posta elettronica. Il 27% usa il web con siti internet dedicati, il 24% è basato su specifiche piattaforme per teleconsulto e contatto domiciliare e il 19% è costituito da app per smartphone”. 

“Questa – concludono i ricercatori – sembra essere una delle prime ricadute dell’emergenza Covid-19 sul sistema sanitario e forse ci mostra l’Ssn prossimo venturo. Infatti la difficoltà di accedere ad ospedali e ambulatori, comunque in situazioni di necessità e bisogno, ha accelerato l’introduzione di soluzioni innovative che, con ogni probabilità, ridefiniranno i confini del Servizio sanitario nazionale”.

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