La Commissione europea vuole prove, nero su bianco, che i colossi tecnologici statunitensi detengano un effettivo ruolo di “gatekeeper” di Internet per agire, nel caso, imponendo una separazione delle loro attività in conflitto. Per questo ha indetto una gara da 600.000 euro per assegnare lo svolgimento di uno studio che raccolga elementi concreti che dimostrino – o confutino – il potere delle Big Tech, giganti come Google, Facebook, Amazon e Apple capaci di controllare in via praticamente esclusiva l’accesso degli utenti a Internet, alle sue informazioni e ai suoi servizi in violazione delle norme antitrust.
È quanto riferisce Reuters dopo aver visionato i documenti relativi alla gara. Se lo studio dimostrerà che i colossi del digitale esercitano effettivamente il ruolo di “porta d’accesso” obbligata a Internet, impedendo di fatto l’ingresso dei concorrenti sul mercato e favorendo slealmente i propri prodotti, le Big Tech potrebbero essere costrette a separare le loro attività concorrenti, fornire alle aziende rivali accesso ai loro dati e aprire alla concorrenza i loro standard.
Focus sulle piattaforme verticalmente integrate
Lo studio che la Commissione europea intende assegnare dovrebbe analizzare le eventuali pratiche dei colossi tecnologici che portano a favorire i propri servizi a danno della concorrenza e la possibilità legale di costringere le aziende dominanti a separare i loro business. Come esempi vengono citati Amazon, che è sia un venditore retail che un operatore di un marketplace dove vendono altri retailer, e Apple, che svolge il doppio ruolo di sviluppatore di app e gestore dell’App Store, dove vengono vendute applicazioni mobili di terze parti.
“Una regola generale e automatica potrebbe vietare o limitare ogni trattamento differenziato da parte di queste piattaforme quando sono verticalmente integrate, in modo da separare nettamente i loro ruoli di organizzatori di un marketplace e competitor all’interno di questi stessi marketplace”, si legge nel documento della Commissione Ue.
Inoltre, nuove regole potrebbero inoltre chiedere ai giganti dell’hitech che hanno accumulato enormi quantità di dati, e non sono stati finora disposti a condividerli con i rivali più piccoli, di garantire l’accesso a tali dati a condizioni ragionevoli, standardizzate e non discriminatorie.
Il controllo sui dati
I dati sono un’area di interesse cruciale dello studio che la Commissione Ue intende assegnare. Il report dovrà fare chiarezza sull’utilizzo da parte delle Big Tech dei dati di un mercato ai fini dell’espansione su un altro mercato, una pratica che rende difficile competere per i rivali sia esistenti sia nuovi entranti. Il documento dell’Ue cita in questo caso Facebook e la sua controllata della messaggistica Whatsapp.
Un altro focus dello studio dovranno essere le asimmetrie dell’informazione legate alle grandi piattaforme di social media e ai motori di ricerca dominanti, che accumulano enormi quantità di dati tramite servizi gratuiti; come conseguenza gli utenti sono restii a passare ad aziende concorrenti che potrebbero invece farsi pagare per tali servizi.
La Direzione generale per le comunicazioni (DG COMM) della Commissione europea si attende un report provvisorio entro tre mesi e quello definitivo a cinque mesi dalla gara.
L’Europa vuole proteggere i suoi player?
Le aziende tecnologiche sono evidentemente preoccupate dalle manovre di Bruxelles, come espresso da un portavoce e lobbysta della Computer and Communications Industry Association (CCIA). L’associazione teme che la Commissione europea possa applicare “ampia discrezionalità” nel decidere quali poteri di mercato sono ammessi e quali eccessivi arrivando a proteggere non solo la concorrenza in generale ma “alcuni competitor che si intende favorire”.
La CCIA punta il dito sul rischio di “allontanarsi unilateralmente dall’attuale quadro normativo globale sulla concorrenza” e di creare “condizioni competitive inique”. In pratica, secondo l’associazione che riunisce anche le Big Tech, l’Europa vuole favorire le sue aziende a scapito di quelle americane ma priverebbe gli europei “dell’accesso a servizi che sono a vantaggio di tutti”.