Perché sul piano della digitalizzazione dei processi le Pa italiane scontano (quasi) sempre un notevole ritardo rispetto alle imprese? La risposta, probabilmente, sta proprio nel paragone che si fa con le aziende private, tendendo a tracciare una linea di demarcazione netta tra due mondi che, all’atto pratico, sono molto più simili di quanto si pensi. “Paradossalmente, proprio il continuare a considerare le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, entità del tutto diverse dalle realtà aziendali, è una delle principali cause di questo gap”. Ne è convinto Giuseppe Lentini, Responsabile Business Unit Agile Applications Development & Ux di Teleconsys.
Perché la Pa è più simile alle aziende private di quanto si pensi
Lentini lavora sia con le imprese private sia con le Pubbliche amministrazioni portando un approccio innovativo nell’adozione di soluzioni digitali per raggiungere il medesimo risultato: digitalizzare i processi, rendendoli più efficienti, e migliorare la user experience di lavoratori e clienti/utenti. “Nel mondo del business tra privati, la competitività di un’offerta è misurata con parametri ben precisi, per esempio dal lead time, ossia l’intervallo di tempo necessario a un’azienda per soddisfare una richiesta del cliente. Oggi, anche nella Pa si riscontra la stessa necessità di migliorare la performance della filiera e dei processi che portano all’erogazione dei servizi. L’altro paragone che mi sento di fare, quando penso all’efficienza che può e deve raggiungere la Pa, è quello con il settore dell’e-commerce: Amazon ci ha impartito una lezione esemplare”, continua Lentini, “ci ha insegnato che il post vendita è un elemento chiave per la soddisfazione del cliente, quanto la vendita, se non di più. Il consumatore, dopo aver effettuato l’acquisto online, dal momento in cui paga fino a quando riceve il bene, includendo il caso in cui si presenti l’eventualità di dover restituire la merce, sa sempre cosa sta succedendo e come deve comportarsi grazie al tracciamento del pacco e al servizio di customer care. Allo stesso modo il cittadino deve essere assistito costantemente dalla Pa, attraverso mezzi e comunicazioni idonee a coprire tutte le fasi del processo relative all’avanzamento di una pratica. È un piccolo passo dal punto di vista tecnologico che tuttavia migliorerebbe notevolmente il rapporto tra ente pubblico e cittadino, abilitando il paradigma di cittadinanza digitale e permettendo di superare quella sensazione di inefficienza che ancora oggi affligge molte pubbliche amministrazioni. Al di là dei luoghi comuni, bisogna ammettere che molte Pa hanno dimostrato di saper agire con cognizione di causa e di poter essere agili ed efficienti”.
L’emergenza coronavirus come stimolo per l’innovazione
Del resto le misure adottate per contrastare la pandemia di Covid-19 possono costituire un pungolo per molti altri enti pubblici, costretti ad accelerare l’adozione dello smart working per consentire ai dipendenti di lavorare il più possibile da remoto, garantendo il distanziamento sociale necessario al contenimento del contagio. “Molte Pa hanno avuto l’esigenza di portare online servizi che non avrebbero mai pensato di far uscire dal network interno”, osserva Lentini. “E oggi finalmente cominciano ad avere la percezione che al di là dei minori costi di gestione generati da questo tipo di modalità operativa, il lavoro sui canali digitali risulta anche più efficiente rispetto a metodologie tradizionali. Grazie a un processo di digitalizzazione che è partito dal basso, con un piccolo passo, si è infatti riusciti a evitare di duplicare inutilmente e su più canali informazioni e operazioni relative a diversi processi”.
Elementi chiave per un digital journey di successo
Per proseguire il digital journey con l’approccio giusto – in ambito Pa come nei settori privati – gli elementi chiave da prendere in considerazione sono il cloud, la firma digitale e l’autenticazione unica, da adottare in maniera trasversale e massiva facendo leva su framework dotati di privacy by design, template grafici personalizzati e responsive, in aggiunta a piattaforme integrate con sistemi come, per esempio, il libro firma digitale. Piattaforme in grado di abilitare la digitalizzazione dei flussi approvativi e dei servizi offerti al pubblico senza soluzione di continuità anche in modalità smart working. “È un passo indispensabile per introdurre nella pubblica amministrazione una serie di ‘sensori’ che aiutino non solo a costruire adeguati indicatori di performance per misurare la reale efficienza dei processi”, precisa Lentini, “ma anche meccanismi di tracking per il monitoraggio dell’avanzamento di una pratica, attraverso i quali aggiornare costantemente il cittadino mediante comunicazioni personalizzate e multicanale”.
Le nuove regole per gli acquisti Pa previsti dal decreto Cura Italia
D’altra parte è quanto prescrivono anche le linee guida del Piano triennale per l’informatica nella PA varato da Agid. Il problema principale è, come detto all’inizio, superare l’approccio pregiudiziale che si ha quando si parla di innovazione nel mondo pubblico. “La strada da seguire anche in ambito PA, è quella che prevede l’adozione di metodologie basate sul concetto di codesign, coinvolgendo profondamente il cliente nell’ideazione e nell’implementazione del processo di digitalizzazione”, spiega Lentini. “La definizione stessa di consulenza va aggiornata: più che parlare di soluzioni disruptive o ipotizzare di avviare un processo che trasformi completamente l’organizzazione, stravolgendola, è necessario, prima di ogni altra cosa, identificare le capacità che sono già presenti nell’amministrazione e farle emergere. Il consulente deve quindi immergersi come se fosse un ‘infiltrato’ nella realtà del cliente e viverla per comprenderne i processi reali e le dinamiche interne. Solo lavorando gomito a gomito con l’organizzazione e chi la gestisce il consulente può aiutare il management a prendere coscienza delle opportunità che la tecnologia offre – che ormai è una commodity – per innovare le attività di sempre migliorando l’efficienza e la soddisfazione dei lavoratori”.
Il cambio di paradigma non solo è possibile, ma in questo momento storico è anche favorito dal governo. Per agevolare lo smart working e la digitalizzazione dei processi nella Pa, il Decreto Cura Italia ha introdotto una procedura semplificata, in deroga al Codice degli Appalti, per l’approvvigionamento da parte della pubblica amministrazione di beni e servizi informatici. Nello specifico, l’articolo 75 prevede che fino al 31 dicembre 2020, le amministrazioni possano acquistare beni e servizi informatici attraverso una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, invitando almeno quattro operatori economici dei quali almeno uno dovrà essere una ‘Pmi o una start-up innovativa’. “Si tratta di un’importante novità che fa spazio, anche nel settore pubblico, ai protagonisti dell’innovazione digitale: con la loro agilità e una forte vocazione all’evoluzione digitale, le Pmi innovative come Teleconsys hanno tutte le carte in regola per affiancare le pubbliche amministrazioni nel loro digital journey”, conclude Lentini.