L'INTERVISTA

Bernabè: “Cdp in Metroweb? Meglio un grande accordo in nome del Paese”

Il presidente esecutivo di Telecom Italia: “Mi chiedo se per lo Stato sia opportuno fare concorrenza all’operatore privato nella aree urbane o se non sia meglio unire le risorse per garantire a tutti un’infrastruttura essenziale”. Sì alla concorrenza “ma ad armi pari”. E agli Olo: “Dove sono finiti i loro progetti?”

Pubblicato il 30 Mag 2012

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“Mi chiedo se per lo Stato sia opportuno fare concorrenza all’operatore privato nelle aree dove è facile disinteressarsi delle aree difficili o se invece non sia meglio unire le risorse di Telecom e della Cdp per garantire a tutti un’infrastruttura essenziale”. Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom Italia dalle colonne del Corriere della Sera, esprime seri dubbi sul progetto di investimento da parte del Fondo strategico Italiano (Cdp) in F2i Reti Tlc (la newco in capo al fondo di Gamberale che detiene il controllo di metroweb) per cablare 30 città italiane. “Nelle 30 città dove investirà Metroweb, Telecom c’è già – puntualizza Bernabè -. Sono le aree più evolute, dove vive il 20% della popolazione. Ma l’Italia ha pure 5 milioni di cittadini, 400mila aziende, 56 distretti industriali senza nemmeno l’Adsl: costa troppo per un operatore privato. Eppure con un incentivo inferiore al miliardo li si può portare almeno all’Adsl entro il 2014”. Secondo il presidente esecutivo di TI “un grande accordo direbbe al Paese che il suo establishment ha imparato la lezione della storia e ai mercati e ai concorrenti globali che qui è finita l’era dei Guelfi e Ghibellini”.

Entrando nel merito del piano Metroweb, Bernabè evidenzia che la questione non ruota tanto attorno alla possibilità che lo Stato (attraverso Cdp) vada a fare concorrenza ad un soggetto privatizzato: “Non è questo il punto”. Piuttosto “se concorrenza ci deve essere, deve svolgersi ad armi pari. Il nostro piano prevede il rientro degli investimenti in 8 anni. Quello di Metroweb non so”. E riguardo agli investimenti previsti puntualizza che i due miliardi di investimenti previsti per stendere la fibra “fanno parte di un piano di 9 miliardi in tre anni solo in Italia”, contro i 4,5 miliardi del piano Gamberale. Inoltre la soluzione tecnologica individuata da Telecom Italia – che prevede la fibra fino agli armadietti ai piedi degli edifici e il potenziamento del rame fino alle abitazioni attraverso il vectoring – “è meno costosa”. E Bernabè precisa che “non appena si formerà una domanda adeguata zona per zona, porteremo la fibra anche in casa. Lo stesso fanno in Germania, Regno Unito, Belgio, Olanda, Austria…”.

Il presidente esecutivo di TI smentisce inoltre che il vectoring precluderebbe l’accesso alla rete da parte degli Olo per raggiungere l’utenza finale: “Non è vero. E poi sta ad Agcom, Antitrust e Bruxelles verificare. E noi siamo in grado di rispettare le regole. Alla lettera”. E in merito alle “lamentele” degli Olo aggiunge: “Vorrebbero che noi facessimo la nuova infrastruttura a nostre spese e poi gliel’affittassimo a basso prezzo. Dove sono finiti i progetti di calblare Roma dei tre operatori esteri? Telecom aiuterà a centrare gli obiettivi dell’Agenda digitale e a rispettare le prescrizioni delle autorità nazionali e della Commissione Ue nella chiarezza”.

Nella lunga intervista non manca il messaggio al governo: “A questi prezzi di Borsa e con una cssa di nuovo cospicua Telecom può diventare un bersaglio goloso. Credo che il governo, nel rispetto dei mercati, debba preoccuparsi di Telecom e dello sviluppo delle telecomunicazioni così come di ogni altro settore strategico”.

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