L'INTERVENTO

L’esame di maturità online e l’occasione mancata per abbattere il digital divide

Mancanza di connessioni fisse domestica, segnale mobile debole, computer e dispositivi obsoleti solo alcuni dei nodi venuti al pettine durante la pandemia nelle aree più periferiche del Paese e non solo. Si poteva approfittare della crisi per sanare parecchie questioni. Ma così non è andata. L’analisi del professor Giuseppe Bianchi

Pubblicato il 26 Mag 2020

Giuseppe Bianchi

Professore Ordinario di Reti di telecomunicazioni e Sicurezza delle Reti Università di Roma “Tor Vergata”

scuola-smart working- learning- computer

Maturità in presenza o da remoto? E con quali procedure? L’atteso intervento risolutivo del Ministro Lucia Azzolina sulle modalità di svolgimento dell’esame di maturità è finalmente arrivato: prova esclusivamente orale in presenza. Il “Documento tecnico sulla rimodulazione delle misure contenitive nel settore scolastico per lo svolgimento dell’Esame di Stato nella scuola secondaria di secondo grado” lascia ancora adito a qualche dubbio su come gestire i processi di scaglionamento e controllo degli accessi, sulla prevenzione degli assembramenti, sulla responsabilità dei Presidi in caso di contagi, e così via. Il Ministro ha comunque rassicurato tutti sul fatto che “nessuno sarà lasciato solo”.

Lascia altresì perplessi l’insufficiente presenza di membri esterni nella Commissione di valutazione: un presidente esterno ogni due commissioni di esami. Membri esterni che, in una Maturità online, si sarebbero potuti tranquillamente connettere dall’esterno.

Ora che il dado è tratto, si ha l’impressione che sia stata gettata al vento un’opportunità irripetibile. È stato infatti deciso di affrontare il problema contingente del salvataggio, whatever it takes e mediante procedure operative bizantine ed onerose, di quello che rimane di un Esame di Maturità già profondamente snaturato dalla mutilazione delle prove scritte. Perché invece non fare di necessità virtù, e provare a cogliere questa occasione sia per sperimentare sia, soprattutto, per investire in modo selettivo nella riduzione del digital divide?

A parte le condivisibili obiezioni di natura culturale e formativa (un esame in presenza è tutt’altra esperienza), i dubbi operativi sullo svolgimento di esami telematici sono due.

Il primo è relativo alla presunta illegittimità dell’esame: si rischiano comportamenti scorretti degli studenti dietro al computer. Ma considerato che sono stati molti gli esami universitari svolti per via telematica e perfettamente legittimi, il problema è superabile con un colloquio orale che non si limiti ad una mera elencazione di nozioni, ma sia orientato alla verifica di competenze acquisite e capacità di ragionamento. E ci si può affidare anche alle linee guida tecnico/operative elaborate dalle varie università, raccomandazioni sulla modalità di posizionamento dello studente davanti alla videocamera, con tanto di mani inquadrate nel display. Ma è su un secondo aspetto che si incentra la questione: tutti devono essere messi nelle medesime condizioni per poter affrontare l’esame online. E siccome una buona parte dei maturandi potrebbe non disporre di un computer o di un collegamento adeguato, non ci sono le condizioni per andare in questa direzione.

A causa del tristemente noto digital divide nazionale, non si possono garantire le stesse modalità di esame su tutto il territorio nazionale. In questi mesi di teledidattica forzata, ogni classe di ogni scuola italiana, volente o nolente, è stata costretta a censire il livello di connettività e dotazione tecnologica di ogni suo singolo studente. Numerose le difficoltà incontrate: mancanza di connessione fissa domestica, segnale mobile debole, computer e dispositivi obsoleti se non addirittura non disponibili, mancanza di webcam o di altri accessori necessari per le lezioni a distanza. Con i fondi già stanziati ogni scuola avrà potuto dotarsi di un numero sufficiente di pc portatili o tablet, e si auspica almeno di connettività 4G. Ma conti alla mano, anche assumendo di dover disporre di un dispositivo ogni 5 maturandi, ovvero 4-5 computer per classe, arriveremmo ad un totale nazionale di non più di 100mila computer, per una spesa complessiva inferiore ai 63 milioni di euro stanziati. Dispositivi che potrebbero temporaneamente essere dati in uso ai maturandi che ne avessero bisogno per la giornata dell’esame.

Ma la connessione? Dati i tempi stretti, nessuno si sognerebbe di chiedere un cablaggio capillare in fibra ottica, anche se basterebbe (ed avanzerebbe) una buona connettività radio: la tecnologia 4G offre prestazioni eccellenti e spesso superiori a quelle di alcune connessioni in rame. Se adeguatamente incentivato ed agevolato nell’identificazione ed installazione dei siti, un operatore mobile è oggi in grado di coprire in pochissimi giorni con tecnologia radio una zona limitata e ben identificata. Nel caso peggiore, ci si può servire di installazioni temporanee mobili, quali quelle usate per potenziare eventi occasionali particolarmente affollati. E gli operatori di Tlc, debitamente incentivati e temporaneamente svincolati dalle lungaggini burocratiche, avrebbero potuto sorprenderci con soluzioni di copertura definitiva e a larga banda, anche accelerando sul 5G.

In ultima analisi, al posto di andare alla ricerca di soluzioni a fondo perduto, questo Esame di Maturità poteva trasformarsi in una piccola, ma concreta, opportunità di investimento nel potenziamento dell’infrastruttura digitale delle zone attualmente penalizzate nel nostro Paese.  Un’occasione perduta. Peccato.

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