“Yes we can! We can changhe the wo..r..” data connection refused due to network problems.
Benvenuti nel mondo della rivoluzione 2.0, quella oggi rappresentata dai ragazzi di #FormattiamoilPdl rigorosamente tuttoattaccato e preceduto dall’hashtag, che vogliono cambiare, se non il mondo, almeno il partito nel quale sono cresciuti. Preparatevi a una guerra 2.0, tutta virtuale, dove i mitra non sono più i contrabbassi di Demetrio Stratos che ti sparano sulla faccia ciò che pensano della vita, ma i tablet retina display. “Nei tuoi occhi c’è una luce / Che riscalda la mia mente / Con il suono delle dita / Si combatte una battaglia / Che ci porta sulle strade / della gente che sa amare” cantavano gli Area di “Gioa e rivoluzione”; chi ha visto i Formattatori all’opera a Pavia può comprendere come questi versi calzino a pennello su questi novelli extraparlamentari che hanno trovato nella Rete la killer application per cambiare il loro partito prima e poi…
“Yes w…e ca…n! We c..a.n ch..e…” data connection refused due to network problems.
Questa rivoluzione, che vive nella Rete e che alla Rete deve il suo successo, ha però un preciso limite fisico, invalicabile: si propaga solo finché c’è banda, finché c’è campo. Nel cyberspazio le idee sono stringhe di bit che viaggiano su strade di rame e onde magnetiche: un insieme di infrastrutture hardware e software molto complesse, indispensabili per dare all’utente finale la connettività ambita. E quando queste infrastrutture non ci sono o sono inefficienti, il tuo meraviglioso device, il tuo digitus dei, è un inutile pezzo di plastica vetro e metallo. E tu sei disconnesso, solo, sperduto.
“Y..s w..e ..an! We ca..n c…… data connection refused due to network problems”
Siamo in Italia bellezza, e il digital divide non è solo strutturale, ma anche culturale, economico, politico; soprattutto politico. Siamo quel bislacco paese che non ha investito in fibra ottica quello che ha speso in convegni per l’innovazione digitale, altrimenti a quest’ora avremmo cablato anche la Russia. Peccato che per questi ragazzi l’attuale stato dell’arte digitale non sia solo inaccettabile, ma decisamente inconcepibile.
E’ un paradosso: il Paese con più alto digital divide ha sfornato una generazione dove il termine “divide” è più o meno l’equivalente di una bestemmia in chiesa. Questi ragazzi non sono come noi, vecchi dinosauri con i ricordi in bianco e nero che “accediamo” alla Rete; loro sono nella Rete, vivono nella Rete. Nella Rete hanno creato un nuovo linguaggio, in Rete hanno generato nuove forme di aggregazione che hanno sostituito il “Noi” nato nei collettivi studenteschi con l“Io condiviso”. Il 2.0 è un environment dove ciascuno rimane indissolubilmente se stesso ma non può affermarsi se non attraverso il proprio contributo all’alveare; una unimente che si forma relazionando sinapsi umane attraverso stringhe di dati. Una mente dove il pensiero condiviso si costruisce collegando frammenti di idee che ciascuno mette a disposizione mantenendo però il credit del suo contributo. Un alveare meritocratico, dove si emerge con il metodo della propagazione del retweet, dell’iterazione della menzione: mi retweettano, quindi esisto. Ma se non c’ campo…
E allora «non riteniamo essere una priorità quella delle frequenze televisive», perché va bene che siamo nel PdL, ma a noi quelle frequenze servono, perché senza io-noi-tutti non esistiamo. L’Italia deve essere coperta digitalmente subito, ORA, NOW. 100% del territorio e della popolazione, che se sono sulla cima del monte Bianco io voglio twittare la foto e condividere la mia gioia con gli altri, perché l’Io condiviso non prevede un io… e basta. Abbiamo bisogno di banda vitale, e ce la prenderemo. Noi siamo Formattatori, la resistenza è inutile.