“Quaranta giorni di stop per una larga fetta del nostro tessuto produttivo hanno certamente lasciato il segno. Le difficoltà non mancano e ora occorre che gli aiuti messi in campo dal Governo e dall’Europa arrivino nelle mani di imprese, imprenditori, cittadini. Ma ovunque c’è voglia di ripartire e di farlo il più velocemente possibile, trasformando la crisi in opportunità”: Enrico Cereda, amministratore delegato di Ibm Italia guarda al futuro con ottimismo ma auspica una visione strategica di lungo periodo che consenta all’Italia di trasformare il digitale in un asset di crescita e di new business.
Cereda, su cosa bisognerà puntare?
Sappiamo di poter fare leva su un diffuso potenziale innovativo che attende di essere messo a frutto. E sappiamo che la tecnologia e il capitale umano con cui abbiamo retto l’onda d’urto faranno da pilastro alla “nuova normalità”. Occorre quindi superare l’ottica emergenziale e abbracciare una visione di lungo periodo, disegnando il Paese che vogliamo di qui a 5-10 anni. Diamoci un’agenda strategica che faccia tesoro di quanto imparato in questi mesi e che punti a investire le risorse in ricerca, formazione, innovazione tecnologica e infrastrutture al servizio di ogni settore. Abbiamo un’occasione irripetibile per abilitare quella trasformazione che serve per fare ripartire sviluppo e crescita.
Qual è il suo parere sugli interventi legati al digitale contenuti nel Decreto Rilancio?
Sicuramente il Decreto Rilancio mette in campo un insieme di interventi finanziari significativi, interessando diversi settori rilevanti della nostra economia. Tuttavia, il digitale che nell’emergenza ha dimostrato di essere una leva imprescindibile per la tenuta del sistema viene ancora gestito come una funzione subordinata, con stanziamenti insufficienti e soprattutto come settore a sé stante. Invece il rilancio dovrebbe favorire un ripensamento del nostro modello di sviluppo, abilitato dal digitale, con un meccanismo che premi chi decide di reinventarsi e di ripartire attuando una vera trasformazione del proprio business, piccolo o grande che sia. La Pubblica Amministrazione, per esempio, grazie alle nuove tecnologie ha di fronte grandi opportunità per ripensare il modello di servizio a cittadini e imprese in un’ottica mirata alle esigenze e in modalità sempre più flessibile. L’altra raccomandazione è di fare presto, perché i tempi e le procedure del dibattito istituzionale non sembrano coerenti con i tempi della ripresa: permane l’incertezza sulle regole e le scadenze di attuazione che non consentono la pianificazione degli investimenti.
Come il Governo può spingere la digitalizzazione di imprese e PA?
Al Governo va dato atto di aver promosso una serie di misure per l’attivazione di risorse indispensabili al tessuto economico. I decreti Cura Italia, Liquidità, Rilancio, Transizione 4.0 -a cui si aggiungerà, speriamo, il Recovery Fund europeo- dispongono di fondi e incentivi di supporto all’attività imprenditoriale e agli investimenti anche significativi. Confidiamo molto sulle misure annunciate dal Governo per la semplificazione che rappresenta la vera sfida per un Paese come l’Italia dove la burocrazia rappresenta il principale freno allo sviluppo ed agli investimenti. Il nostro punto di vista è che questi provvedimenti ‘a pioggia’ necessitino di una maggiore visione strategica d’insieme. Sono il frutto di una fase emergenziale che ora deve lasciare il posto a una chiara strategia, a una governance, ad azioni e strumenti con cui disegnare il Paese che vogliamo. Una visione di lungo periodo che non può prescindere da un piano nazionale strategico per creare le nuove competenze, un nuovo patto anche generazionale per creare il lavoro del futuro. Da tutto questo, discende anche l’invito ad una rinnovata collaborazione pubblico-privato che possa vedere una collaborazione strutturata tra prospettive diverse accomunate da un disegno organico di sviluppo in cui ciascuno è chiamato a fare la propria parte.
Il ceo Krishna ha annunciato qualche giorno fa che Ibm spingerà l’acceleratore su cloud e intelligenza artificiale: il mercato italiano a che punto è su questi due fronti?
Negli ultimi anni abbiamo accompagnato la sperimentazione di molte imprese italiane impegnate nell’adozione dei processi di reinvenzione digitale del business. Ora siamo convinti che l’infusione delle tecnologie esponenziali verrà accelerata proprio dalla “nuova normalità” che ci attende. L’intelligenza artificiale è destinata a trovare adozione su ampia scala, incorporata ovunque, mentre con il ricorso all’hybrid multicloud può essere creato l’ambiente più adatto per la gestione dei carichi di lavoro, per sfruttare il potenziale dei dati, per spingere sull’automazione, per ottenere la massima sicurezza. Paradigmi come la blockchain favoriranno lo sviluppo di network di imprese e di interi settori, tra loro coordinati, per massimizzare efficienza, sicurezza e trasparenza. È la prospettiva di un’economia che guarda allo sviluppo di modelli orientati all’agilità, all’esperienza del cliente e all’eccellenza del servizio. Un futuro che, tra l’altro, registrerà una sempre più forte collaborazione uomo-macchina, rispettando la centralità del primo. Senza mai dimenticare i valori etici, come accaduto con la firma, da parte di Ibm, della Call for AI Ethics voluta dalla Pontificia Accademia per la Vita e sostenuta da Papa Francesco.
Quale è stato l’impatto del Covid-19 sulle attività di Ibm in Italia nella fase di lockdown?
Al manifestarsi dell’emergenza abbiamo subito messo in campo un collaudato piano di gestione delle crisi. Le priorità sono andate alla sicurezza dei dipendenti, per i quali è scattato immediatamente il passaggio allo smart working, e alla continuità operativa delle aziende con cui lavoriamo, molte delle quali sono strategiche per la nostra economia, con un forte supporto di competenze e tecnologie. Non meno importanti sono state le azioni a favore della comunità, a cominciare dal sostegno alla scuola con la didattica a distanza. I risultati ottenuti dimostrano la bontà di quelle scelte ma una cosa è certa: non era scontato riuscire a essere efficienti in un contesto simile e, di sicuro, senza il digitale non ce l’avremmo fatta. Senza, l’intero Paese non avrebbe avuto lo stesso grado di resilienza. Di ciò occorre essere consapevoli, anche per ripensare il nostro futuro.
Che programmi avete per la Fase 2?
Lo spirito con cui, come azienda e come insieme di cittadini, ci siamo messi a disposizione della collettività richiama le parole del Santo Padre: «Nessuno si salva da solo». A incarnarlo è l’attività del Covid-19 High Performance Computing, partnership pubblico-privata composta da 40 organizzazioni internazionali con i suoi 437 milioni di miliardi di calcoli al secondo complessivi, inclusi quelli provenienti da Ibm Summit, il più potente supercomputer del mondo. È una capacità mai vista prima alla quale la comunità scientifica sta attingendo per gestire 58 progetti che mirano ad accelerare la scoperta di una cura o di un vaccino. In Italia, invece, abbiamo sostenuto l’Ospedale Papa Giovanni XXIII e unito le forze con Cisco per offrire un aiuto concreto alle scuole. Grazie a 350 volontari di Ibm e alla piattaforma Webex, resa gratuita, oltre 100mila studenti hanno potuto continuare a far lezione da casa concludendo il ciclo di studi. Nel contempo non è mancato il supporto alle piccole e medie imprese e alle startup alle quali è stata offerta la nostra piattaforma cloud. Il progetto P-Tech, inoltre, che punta alla creazione di nuove figure professionali orientate all’innovazione, sta giungendo al suo primo anno di vita con risultati degni di nota. L’asse pubblico-privati per la formazione può fare grandi cose. Ma, naturalmente, non intendiamo fermarci qui. Sentiamo di poter dare un contributo importante al progresso tecnologico e innovativo del Paese.