Sono sempre più numerosi gli inserzionisti che decidono lo stop agli investimenti pubblicitari su Facebook per protestare contro il dilagare dell’hate speech e delle fake news sulla piattaforma. La campagna #StopHateForProfit è stata abbracciata da molti grandi brand, come Coca-Cola, Diageo, Honda, Starbucks, Verizon, Unilever, a cui si sono adesso aggiunti nuovi nomi, tra cui Ford, Adidas, Hp e Diageo.
Lo stop alla spesa in advertising sul social media di Mark Zuckerberg durerà in molti casi per tutto il mese di luglio, ma per alcuni brand anche per tutto il 2020. L’obiettivo è mettere l’azienda sotto pressione affinché contrasti con maggiore impegno la diffusione di messaggi di odio e la disinformazione sulla sua piattaforma.
Tutte le aziende che si sono “chiamate fuori”
Oggi il ritiro delle ads su Facebook e Instagram per tutto luglio è stato annunciato dal marchio sportivo Adidas (inclusa la sua sussidiaria Reebok), dalla catena di negozi di elettronica Best Buy, dalla catena di ristoranti fast food Denny’s e il marchio sportivo Puma. Il costruttore d’auto Ford ha messo in pausa per i prossimi 30 giorni l’advertising su tutti i social media per valutare la sua presenza su queste piattaforme. Hp ha messo uno stop alla pubblicità su Facebook fino a quando non vedrà “attuate tutele più robuste”.
Clorox (prodotti per la pulizia) e Conagra ritireranno le ads da Facebook e Instagram per tutto il 2020. Schick, Playtex e Wet Ones e tutti gli altri marchi (oltre 25) di proprietà di Edgewell Personal Care fermeranno la spesa pubblicitaria su Facebook e Instagram in Nord America e in Europa “fino a nuova comunicazione”.
Nei giorni scorsi avevano annunciato il ritiro delle ads da Facebook altre aziende, tra cui Coca-Cola, Diageo, Honda, Starbucks, Verizon e Unilever. Alcune di queste aziende hanno sospeso gli investimenti pubblicitari anche su altre piattaforme social.
Le accuse delle organizzazioni pro-diritti
La decisione arriva dopo che un gruppo di organizzazioni no profit – Anti-Defamation League, Naaco, Sleeping Giants, Color of Change, Free Press e Common Sense – ha invitato gli inserzionisti di Facebook a sospendere la spesa pubblicitaria sul social per il mese di luglio in segno di protesta. Il social di Zuckerberg viene accusato di permettere la pubblicazione e diffusione di contenuti “razzisti, violenti e palesemente falsi sulla sua piattaforma” e di consentire che il social sia usato “per ampie campagne contro la partecipazione al voto politico e per diffondere disinformazione mirata contro l’elettorato afro-americano” e di aver permesso “l’incitamento alla violenza contro i manifestanti che si battono per la giustizia razziale in America”.
Gli inserzionisti che hanno aderito alla campagna contro hate speech e fake news non sono necessariamente quelli che spendono di più per la pubblicità su Facebook negli Stati Uniti. Secondo i dati di Pathmatics, società di marketing analytics, nessuna delle aziende che ha per ora ritirato gli investimenti pubblicitari su Facebook è fra i 100 top spenders Usa per le ads sul social media. Tuttavia l’impatto a livello di immagine è tangibile, mentre la ricaduta sul titolo e le finanze di Zuckerberg sembra temporanea: le azioni di Facebook hanno accusato una perdita dell’8,3% venerdì (7,2 miliardi di dollari in meno sul patrimonio del ceo), ma oggi il titolo è tornato a crescere.
La replica di Facebook
“Investiamo miliardi di dollari ogni anno per mantenere la nostra comunità sicura e lavoriamo costantemente con esperti esterni per rivedere e aggiornare le nostre policy”, ha scritto Facebook in una nota. “Ci siamo sottoposti a una audit sui diritti civili e abbiamo bandito 250 organizzazioni della supremazia bianca da Facebook e Instagram. Gli investimenti che abbiamo fatto in intelligenza artificiale ci permettono di individuare quasi il 90% dei discorsi d’odio su cui interveniamo prima che gli utenti ce li segnalino, mentre un recente rapporto dell’Unione europea ha rilevato che Facebook ha esaminato più segnalazioni di hate speech in 24 ore rispetto a Twitter e YouTube. Sappiamo di avere ancora molto lavoro da fare e continueremo a collaborare con i gruppi per i diritti civili”.
La campagna di alfabetizzazione
Intanto Facebook nelle prossime settimane lancerà una nuova campagna in Europa, Medio Oriente e Africa per educare e informare gli utenti su come individuare potenziali notizie false.
La campagna “Le tre domande per aiutare a sradicare le notizie false” apparirà su Facebook attraverso una serie di annunci pubblicitari molto creativi e si collegherà a un sito web dedicato, www.stampoutfalsenews.com. Questi annunci chiederanno alle persone di mettere in discussione le informazioni che vedono nei post chiedendosi:
1. Da dove viene? Se non c’è una fonte, cercala.
2. Cosa manca? Non fermarti al titolo, leggi tutto l’articolo.
3. Come ti fa sentire? Chi costruisce notizie false cerca di manipolare le emozioni.
La campagna inizialmente raggiungerà un numero limitato di persone in tutta l’Unione Europea, oltre che nel Regno Unito e in Medio Oriente, Africa e Turchia. L’iniziativa arriva dopo l’aggiornamento rilasciato la scorsa settimana sulle notifiche di contesto, che permettono alle persone di sapere se gli articoli che stanno per condividere sono più vecchi di 90 giorni. “Aggiornamenti come questo assicurano che le persone abbiano il contesto di cui hanno bisogno per prendere decisioni informate su cosa condividere con gli altri su Facebook”, spiega il social.