L'INTERVISTA

Bisio (Vodafone): “Nelle aree grigie consorzi di operatori per spingere la fibra”

L’Ad della telco accende i riflettori sul “modello francese”: per gli assegnatari dei lotti obbligo di mutualità di accesso a tutto l’ecosistema. La rete unica delle Tlc? “L’abbiamo avuta per 30 anni. Solo con ingresso Open Fiber sul mercato si è spinta la competizione. No a controllo infrastruttura in capo a un unico soggetto”

Pubblicato il 09 Lug 2020

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“In Italia c’è il tema importantissimo e forse sottovalutato, delle aree ”grigie’: parliamo di circa 12 milioni di abitazioni in gran parte coperte con rete ibrida in rame e fibra Fttc. Si potrebbe seguire l’esempio del modello francese”- In una lunga intervista al Sole 24 Ore Aldo Bisio, Ad di Vodafone accende i riflettori sulla necessità di intervenire in quelle aree che dovrebbero essere protagoniste di un nuovo intervento pubblico – la cosiddetta Fase 2 del piano Bul –. Ed evoca il modello d’Oltralpe che oltre a incentivare la realizzazione delle reti da parte di diversi consorzi di operatori fa leva sull’obbligo – da parte degli assegnatari dei lotti – di dare mutualità di accesso a tutto l’ecosistema mettendo a disposizione l’infrastruttura a condizioni eque e non discriminatorie, con un accesso regolato.

“La competizione è la chiave di volta e l’unica in grado di minimizzare i fondi dei contribuenti – evidenzia Bisio -. E cerchiamo di sfatare un mito. Tutti i Paesi europei hanno più di una rete fissa. In Germania ci sono 40 milioni di abitazioni sulla rete di Deutsche Telekom e 28 su quella di Vodafone. In Spagna ce ne sono 18 su quella di Telefonica, 15 su quella di Orange e 10 su quella di Vodafone”.

Riguardo alla rete unica di Tlc Bisio ribadisce la posizione già espressa in diverse occasioni: sì con riserva. “Rete unica sì, ma non con un unico soggetto che governi questa rete”, dice Bisio. E in quanto al convitato di pietra – alias Tim – Bisio evidenzia che “tutti dimentichiamo che la rete unica in Italia l’abbiamo avuta per 30 anni. Operata da un unico soggetto. E onestamente non è stato un modello di grande successo”. L’Ad di Vodafone ricorda che “dal 2015 con l’ingresso di Open Fiber l’Italia è passata dal 31esimo e ultimo posto al 17esimo in Europa nelle infrastrutture a banda ultralarga. Lo riportano i dati Desi della Commissione Ue. Salto molto spinto dalla concorrenza infrastrutturale”. Secondo Bisio il tema stringente per il Paese è quello di “porsi con urgenza l’obiettivo di portare le reti ibride misto rame-fibra a essere reti pienamente in fibra con tecnologia Ftth. L’emergenza ha dimostrato che le tecnologie ibride, asimmetriche, non sono a prova di futuro, nemmeno prossimo“.

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