Il vasto e multiforme mercato delle iniziative Ict legate al mercato delle smart cities porta con sé una miriade di soluzioni “smart” da parte di una pletora di fornitori. Ma ad oggi le potenzialità del mercato sono limitate dall’immaturità degli standard tecnologici, da budget limitati, infrastrutture rigide a compartimenti stagni e da un processo decisionale generalmente frammentato e politicizzato. Questo il giudizio di Ovum, la società di analisi che ha messo sotto la lente le potenzialità del mercato smart cities.
Un mercato che per ora resta bloccato e rischia di non emergere “con rapidità sufficiente per rispondere alla crescente domanda di modernizzazione da parte dei clienti, alle prese con questioni pressanti come la crescita della popolazione, i cambiamenti climatici, risorse limitate”. E mentre fra i vendor c’è la corsa alla fornitura di ogni tipo di soluzione, dalla gestione del traffico e della criminalità, passando per la sanità pubblica, alla gestione del meteo, Ovum è convinta che per rispondere in modo efficiente alla domanda crescente sia necessario che le soluzioni proposte siano accurate, precise e basate su standard Ict comuni.
“L’Ict non può da sola risolvere questi problemi, serviranno molto asfalto, tubi, fili e impianti – dice Warren Wilson, lead energy & sustainability IT analyst di Ovum – ma l’offerta di soluzioni IT dovrà essere in grado di raccogliere, gestire, analizzare e rispondere ad una vasta quantità di dati”.
Due le categorie in cui Ovum classifica le soluzioni più diffuse per la digitalizzazione delle aree urbane. Da un lato, i progetti su ampia scala, gestiti per lo più da soggetti pubblici, che attirano grossi player dell’IT come ad esempio Cisco e Ibm. Dall’altro, progetti più piccoli e locali, gestiti dal basso da player più piccoli.
Per superare le barriere che frenano l’adozione di soluzioni Ict per le smart cities sarà necessario puntare sull’open data e sulla condizvisione delle informazioni, chiude Ovum.