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Avenia: “Leggi più semplici per cablare”

Il presidente di Asstel: faciliteremo lo sviluppo delle nuove reti di Tlc. Ma chiediamo di fissare requisiti di infrastrutturazione come già avviene per la rete elettrica

Pubblicato il 18 Giu 2012

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«Abbiamo una proposta per facilitare le nuove reti e la presenteremo al governo. Uno dei capitoli più importanti è semplificare le normative relative a scavi e cablaggi: queste sono ancora limitanti. Rendono quasi impossibile superare i paletti posti dagli enti pubblici o dai condomini». Cesare Avenia, 61 anni, è da dicembre 2011 il presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel (Confindustria). Ingegnere elettronico, è uno dei più profondi conoscitori del mercato. “Già il codice delle comunicazioni elettroniche aveva affrontato la questione, inserendo normative che facilitavano i lavori di scavo. Ma all’atto pratico tutti gli operatori hanno continuato ad avere grosse difficoltà…”.

E che cosa proponete?

Di predisporre delle canaline nei nuovi edifici e, più in generale, fissare requisiti di infrastrutturazione con quanto necessario alla connessione alla rete Tlc. Come già avviene per la rete elettrica. Gli operatori che vogliono cablare l’edificio si scontrano infatti con numerose difficoltà.

Per esempio?

Al momento basta che un solo condomino si opponga e l’operatore non può mettere la fibra nel palazzo. Ai sensi dell’articolo 91 del decreto legislativo 259 del 2003, infatti, qualora si debba passare per la proprietà di uno solo o nella proprietà condominiale, vale la norma della limitazione della proprietà. Nella pratica è necessario il consenso dell’assemblea condominiale per poter passare. Chiediamo una legge secondo cui basti una minoranza del condominio per approvare la cablatura. Ma il nostro obiettivo è anche di incentivare i privati ad acconsentire. Vogliamo far capire a tutti che se il palazzo è cablato acquista valore di mercato. Potremmo fare come un bollino per i palazzi in fibra…

E per quanto riguarda gli scavi?

Il fatto stesso che siano troppi gli enti a cui chiedere le autorizzazioni crea un problema. Quindi servirebbe che si chiarisse meglio quanti e quali siano gli enti da coinvolgere, nell’attraversamento del suolo pubblico. Un’altra proposta: considerare queste infrastrutture come strategiche (come in teoria già dovrebbero essere, in base al codice di comunicazione elettroniche). E quindi farle entrare in un iter burocratico semplificato.

E nella pratica non è così, invece…

Faccio un esempio: quell’iniziativa molto pubblicizzata, che coinvolgeva tanti operatori e che voleva portare la fibra ottica in tutta Roma… Ma che poi si è fermata a Collina Fleming.

Erano partiti bene, in forza di una nuova regolamentazione per gli scavi, firmata dal sindaco… Ma alla fine, hanno comunque cozzato contro i vincoli degli enti pubblici.

Come portate avanti queste istanze?

Come Asstel coordiniamo, nell’ambito di Confindustria Digitale, due gruppi di lavoro – sulle infrastrutture e sulle smart communites – che si interfacciano con la Cabina di regia. Per le infrastrutture stiamo raccogliendo tanti commenti, sui problemi e le possibili soluzioni. Li sottoporremo al governo e speriamo faranno parte del decreto DigitItalia.

Secondo molti, anche un catasto delle infrastrutture sarebbe una soluzione.

Siamo favorevoli. Al momento ci sono tante iniziative scoordinate di catasto. Ma vanno centralizzate e convergere in una mappa che stiamo preparando. Partiamo dalle zone bianche (quelle a fallimento di mercato), dove il governo dovrebbe concentrare i pochi fondi disponibili per sconfiggere il digital divide.

Cosa emerge dalla vostra mappa?

Che c’è una grande dispersione di reti in fibra, fatte da enti locali. Alcune anche in zone nere. Ma se gli enti hanno fondi dovrebbero metterli nelle zone a fallimento di mercato. Ecco, in generale l’Italia ha bisogno di un progetto Paese che abbracci tutte le iniziative d’innovazione, di vario tipo. Questa è, in fondo, la nostra grande aspettativa dall’Agenda Digitale. A.L.

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