Pubblicità ancora in calo del 7,5% nei primi tre mesi dell’anno: Dati Nielsen. I più penalizzati sono i media generalisti che di pubblicità letteralmente vivono, come la tv generalista. Negli ultimi due anni la contrazione è stata continua e forse vale la pena di domandarsi se l’advertising possa essere sempre lo stesso in una situazione – in Italia e in molti paesi – in cui la tendenza non è più quella di consumare, ma di attendere. Non consumano, ovviamente, quelli che i soldi non ce li hanno, ma anche quelli che continuano a guadagnare come prima e i pochi che, nella confusione generale, riescono a mettere a segno qualche buon colpo, evitano di consumare.
Certo, per chi può comprare immobili, Imu permettendo, è un buon momento, ma sicuramente ogni acquisto di beni vistosi si scontra con una tendenza attendista.
Il Tv-Led diminuirà ancora? Perché comprarlo proprio adesso? E, per quanto riguarda l’auto sportiva, l’aumento di prestigio sociale può essere controbilanciato dal fastidio delle occhiate degli altri, compresa la Guardia di Finanza. Conviene farsi vedere adesso pieni di soldi, o conviene lamentarsi come gli altri, quelli che il denaro veramente non ce l’hanno?
Ciò che è in discussione dunque non è solo il “quantum” della pubblicità, ma il modo di comunicare con i clienti potenziali. Quelli che tirano la cinghia, e quelli che qualche soldo ce l’hanno, ma vogliono essere (o apparire) più sobri. Insomma, dalle feste di Arcore ai loden blu di Monti, dalla Carfagna alla Cancellieri.
Scorrendo l’advertising che appare sulle reti generaliste, le cupe telepromozioni, gli spot sguaiati di birre aperitivi e gelati, telefonini, auto che te le tirano dietro ma nessuno le compra, c’è da dubitare che questo ragionamento sia stato fatto.
La pubblicità è molto simile a se stessa, non c’è un’idea nuova che è una. È lecito avanzare dubbi sulla capacità di comprensione dell’aria che tira da parte dei responsabili di palinsesto delle reti generaliste. La stessa atmosfera fintamente lieta dei talk show, dei giochi e giochini, lo stesso consumismo diffuso della prima serata, il perbenismo sguaiato del daytime ecc. Nemmeno il terremoto ha inciso, né è diventato una opportunità televisiva. Nella pay per view e sul web, invece, si incontra sia la sobrietà che l’entertainment più acceso, on demand: una forma di consumo più adatto ai tempi.
Nessuno si meravigli allora che quel poco di pubblicità si indirizzi verso queste strade.