È vero che già dal 2007 si parla di mini trincee e one day dig (scavo in un solo giorno), ma «continuiamo a fare passi avanti. La mini trincea classica erano scavi profondi 40 centimetri e larghi dieci. Siamo poi passati alla micro trincea larga 5 e profonda 30. E adesso stiamo sperimentando con Telecom Italia scavi larghi 3 centimetri», dice Edoardo Cottino, chief technical officer di Sirti, che ha brevettato la tecnica one day dig. «Essere passati da 5 a 3 centimetri può sembrare poco, ma è un grosso passo avanti. È possibile grazie a nuovi apparati: frese molto piccole, con denti particolari per aggredire l’asfalto e accoppiate a un camion che aspira i detriti», aggiunge. Si tenga conto che lo scavo tradizionale è largo 40 centimetri e profondo un metro. Avanza di 30 metri al giorno e costringe a tenere la strada bloccata per molto tempo in seguito (nell’attesa che questa venga riasfaltata). La mini trincea invece fa 100 metri al mattino e altrettanti il pomeriggio, e lascia la strada subito agibile. «Il traffico riprende già due ore dopo la chiusura della trincea. Abbiamo creato macchine molto compatte che creano sul momento la miscela dell’asfalto». In poche parole, le nuove tecniche fanno risparmiare tempo e denaro.
«C’è venuta incontro anche l’evoluzione della tecnologia dei cavi ottici», aggiunge Cottino. «In un mini cavo da 8 millimetri puoi mettere 144 fibre, contro le 96 di un cavo tradizionale da 16 millimetri. Fino a 2-3 anni i mini cavi erano sperimentali». «In più, un cavo tradizionale lo metti in un tubo da 50 millimetri. Un mini cavo invece può entrare in un mini tubo da 12 millimetri». Vantaggi: i mini tubi possono farsi trovare spazio con più facilità nelle canaline; nei tubi tradizionali, riempiti di mini cavi, adesso è possibile mettere molte più fibre (fino a 700).
Oggi si usano ancora i cavi tradizionali in ambito extraurbano per connessioni a lunga distanza, mentre nella rete d’accesso ha senso avere solo mini cavi (per poter collegare migliaia di utenti).
«I cavi sono diventati più piccoli perdendo alcune protezioni, che in 25 anni di uso della fibra abbiamo scoperto essere necessarie solo in certi casi».
Un’altra innovazione è il geo radar 3D, adottato a regime dal 2011. Va usato prima di scavare, per sapere che cosa c’è nel sottosuolo e così evitare di danneggiare infrastrutture preesistenti. È un carrellino con un radar, collegato a un computer. Qui un software traduce in immagini i segnali ricevuti dal radar.
«Abbiamo già fatto 500 chilometri con one day dig, in Italia, e 120 chilometri con il geo radar». «Ma ci sono ancora enti che impongono agli operatori di fare scavi tradizionali». Perché? «Si cautelano. Poiché gli scavi sono poco profondi, gli enti temono di danneggiare i cavi degli operatori facendo successivi interventi sull’asfalto». «Ma abbiamo spiegato che non c’è questo rischio. Non è mai avvenuto, in quei 500 chilometri. La malta è fatta in modo che se anche ne gratti i primi 10 centimetri, il servizio sottostante resta protetto».