Sullo smart working c’è bisogno di un approccio regolatorio “soft” e flessibile, che non imbrigli questa nuova opportunità con norme troppo rigide. Lo sostiene Tiziano Treu, presidente del Cnel, in un intervento pubblicato oggi dal Sole24ore. “Lo smart working, che da emergenza è diventato normalità, pone problemi di gestione e di regolazione – sottolinea – L’esperienza dovrebbe suggerire un approccio sperimentale a questi problemi. La legge del 2017 ha opportunamente scelto di dare una regolazione leggera a questo tipo di lavoro. Ora sarebbe sbagliato e certo prematuro approvare una nuova normativa, tanto più se fortemente prescrittiva”.
“Le migliori esperienze vanno seguite e se possibili estese, non ostacolate dalla legge – argomenta Treu – Anche la contrattazione collettiva deve intervenire con modalità nuove che regolino valorizzando le diversità. I contratti nazionali non potranno che dare linee guida. Gli stessi accordi aziendali dovrebbero evitare di dare prescrizioni rigide di dettaglio: potrebbero invece fornire schemi aperti di riferimento per gli accordi individuali, una sorta di menù entro cui poter scegliere secondo le esigenze dei singoli e delle aziende, come si è talora sperimentato anche in Italia proprio in materia di orari di lavoro flessibili”.
“Un nuovo oggetto di regolazione – conclude Treu – dovrà riguardare le piattaforme che gestiranno questo tipo di lavoro, come altri aspetti del lavoro nelle fabbriche del futuro. Perché la configurazione e le regole di tali piattaforme saranno decisive per la valutazione e il controllo del lavoro a distanza”.