DIGITAL AGENDA SCOREBOARD

Tlc, Italia leader degli investimenti

Secondo il Digital Agenda Scoreboard della Commissione Ue il nostro Paese è in vetta alla classifica davanti a Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Boom della banda larga mobile: il tasso di penetrazione raggiunge il 59,1% contro una media Ue del 49,2%

Pubblicato il 18 Giu 2012

Federica Meta

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In Italia ricavi del settore Tlc sono diminuiti dell’1,5% nel 2011. Lo rileva il Digital Agenda Scoreboard secondo cui nel 2010, nonostante la crisi, la diminuzione delle entrate non ha influenzato il ritmo degli investimenti nel settore della telefonia mobile che, al contrario sono aumentati.

Il nostro Paese si mantiene al di sopra della media Ue per investimenti, pari al 12,2%, ed essendo la prima davanti a Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, con il 14,6%. “Nel 2012 la crescita della penetrazione della banda larga fissa ha subito un rallentamento – rileva il report – In questo mercato la rete in rame rimane ancora il fattore chiave competitivo, con una grande predominanza di Dsl (98%) e quasi 5 milioni di linee “unbundled” su un totale di 6,2 milioni le linee degli operatori alternativi”. La quota di mercato di Telecom Italia nella banda larga fissa è diminuita di un punto percentuale nel 2011 (pari al 53% rispetto alla media Ue del 43%).

Secondo la Ue “lo spettro aggiuntivo per la banda larga mobile è necessario per sostenere il consistente aumento di traffico dati mobile, in particolare in vista del significativo aumento di utilizzo di smartphone e tablet”. Il mobile inoltre può essere un fattore chiave per la riduzione del divario digitale. Cresce la domanda di servizi vocali mobili come indicatore dell’elevata penetrazione della banda larga mobile che è pari al 159%, in aumento del 4%. Di conseguenza il traffico voce fissa scende : “in entrambi i casi – si legge nella ricerca – le decisioni regolamentari che comportano riduzioni delle tariffe di terminazione adottate nel 2011 potrebbero determinare cambiamenti significativi per quanto riguarda il flusso di cassa tra i due settori”.

La sofferenza del settore mobile per la significativa riduzione dei ricavi, dovuta alla combinazione di una spiccata decrescita dell’Arpu (da 240 euro a 180 euro) con un forte incremento del traffico dati; a questi dati si aggiunge l’evidenza data ai ricavi medi al minuto (Arpm) stabile a 0,09 (comunque è il livello più basso dei big 5 con Spagna a 0,15, Germania a 0,12, Francia a 0,11 e UK a 0,10);

Sulla situazione di mercato del broadband, ad una relativa staticità del settore fisso (sia nella domanda di servizi che nella market share di TI) si contrappone la dinamicità del mobile, con una grande diffusione, in particolare, di smartphones e tablet;

Si segnalano buoni progressi nella diffusione delle connessioni BB di base (2Mbps); tuttavia la situazione è meno positiva per quanto riguarda le connessioni high-speed (tra i 10 e i 30 Mbps) e ancora meno sulle connessioni very high-speed (tra il 30 e i 100Mbps)

Il forte rallentamento del tasso di penetrazione BB fisso è, almeno in parte, bilanciato dal consistente aumento del traffico dati da mobile la cui penetrazione a gennaio 2012 è riportata al 59,1% a fronte di una media Ue del 49,2%.

Alla fine del 2011, l’Italia si stava muovendo verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea, volti ad assicurare una connessione a banda larga basica (nell’ordine di 2 Mbps) per tutti i nuclei familiari dell’UE entro il 2012, con una riduzione significativa delle connessioni a banda stretta e con alcuni fondi messi a disposizione per le aree urbane. L’aggiunta di spettro disponibile per la banda larga mobile sostiene l’aumento consistente del traffico dati mobile, contribuendo allo stesso tempo a ridurre il divario digitale.Il mercato italiano della telefonia mobile presenta alcune caratteristiche costanti, unite ad un tasso di penetrazione molto elevato (il secondo in Europa con il 159% nell’ottobre 2011, con aumento di 4 punti percentuali rispetto al 2010; la penetrazione di tutti gli utenti attivi è duplicata passando dal 28,2% al 59,1% con una media UE del 39%; e il traffico dati è aumentato del 53,6%) con una grande predominanza di carte prepagate, che costituiscono l’83% degli abbonamenti complessivi.Mentre la copertura delle reti 3G di tutti gli operatori è estesa, e sarà ulteriormente migliorata dal processo di riassetto in corso, gli operatori hanno in programma di testare per la prima volta la rete 4G nel 2012, in vista del suo lancio commerciale a fine 2012 e nel 2013.

Allargando l’analisi al contesto europeo, il Digital Agenda Scoreboard rileva come cittadini europei e le imprese stiano generando domanda digitale sufficiente per consentire all’Europa una crescita economica sostenibile, domanda perà che rischia di esere minata dalla carenza di Internet veloce, di contenuti online e di sviluppo di competenze specifiche rischia di minare questo potenziale. Secondo il report l’Ict rappresenta il 6% del Pil comunitario e impiega 8 milioni di persone. “Gli europei sono affamati di tecnologie digitali – sottolinea il commissario per l’Agenda digitale, Neelie Kroes – ma i governi e l’industria non tengono il passo, rimanendo attaccati a mentalità da XX secolo e a modelli di business che danneggiano l’economia. E ‘una vergogna terribile, ci stiamo dando la zappa sui piedi da soli a causa della mancanza di investimenti. Se continuiamo così saremo schiacciati dai nostri concorrenti”.

Secondo la studio la banda larga è quasi ovunque : il 95% degli europei ha accesso a una connessione a banda larga fissa e contestualmente sono cresciuti del 62% gli abbonamenti in broadband mobile, che hanno raggiunto quota 217 milioni.
Gli europei online sono il 68% e 170 milioni quelli iscritti a social netowork. Per la prima volta nel 2011 la maggioranza degli europei “economicamente svantaggiati” ha usato internet, mentre ancora un europeo su quattro non lo ha mai fatto.

La ricerca rileva inoltre che la metà della forza lavoro non ha sufficienti competenze Ict: mentre il 43% della popolazione ha una conoscenza media o alta di Internet e può – per esempio – utilizzarlo per fare una telefonata o creare una pagina web, quasi la metà della forza lavoro non conosce il proprio computer né tantomeno possiede Web skill adeguate. Quasi il 25% non ha alcuna competenze Ict. Si tratta – sottolinea la ricerca – di problemi che rendono difficile coprire i posti vacanti nel settore delle nuove tecnologie che entro il 2015 raggiungeranno quota 700mila.

La ricerca tocca anche il tema dell’e-commerce. I numeri dimostrano che, mentre il 58% degli utenti Internet fa shopping online, solo uno su dieci ha acquistato da un sito web in un altro Stato membro dell’Ue. Ad ostacolare l’e-commerce transfrontaliero le barriere linguistiche e burocratiche. Al palo l’uso del commercio elettronico da parte delle Pmi. La maggior parte delle imprese non acquista né vende on-line, limitando le loro esportazioni e le potenzialità di guadagno.

Frenano anche gli investimenti nella ricerca. La ricerca pubblica risente delle misure di austerità: la spesa è nettamente inferiore al 6% di crescita annuale necessaria a raddoppiare gli investimenti pubblici entro il 2020. In calo anche gli investimenti privati. Complessivamente il settore Ict europeo ha meno della metà di risorse per l’R&S rispetto a quello statunitense.

Sul versante delle Tlc, gli operatori tra il 2011 e il 2012 hanno messo a punto pacchetti per il roaming sul modello di quelli pensati per le chiamate nazionali, tuttavia i consumatori pagano ancora in media tre volte e mezzo di più per le chiamate internazionali rispetto alle nazionali.

Infine lo studio accende i riflettori sull’Agenda Digitale: 34 le azioni portate a compimento, 52 sono in via di realizzazione e 15 sono in ritardo.

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