Come diceva lo storico e filosofo della scienza, Thomas Samuel
Kuhn, “la storia, se fosse considerata come qualcosa di più
che un deposito di aneddoti o una cronologia, potrebbe produrre
una trasformazione decisiva dell'immagine della scienza dalla
quale siamo dominati”.
Non è un caso quindi che l’Università di Pisa e il Cnr
abbiano festeggiato con due giornate di convegno il 50esimo
anniversario della Cep, il primo prototipo di computer italiano.
Il convegno, dal titolo “Pisa, culla dell’informatica: mezzo
secolo dopo la Cep e l’Olivetti di Barbacina”, ha ripercorso
le tappe dell’informatica partendo dalla cosiddetta “Macchina
Ridotta” creata nel luglio 1957, che pose le basi per il
progetto della Cep del 1961.
La Cep (Calcolatrice elettronica pisana) non è solo un
marchingegno grandissimo con 8k di memoria, ma è diventata a suo
modo un’icona della storia informatica. Il modello fu suggerito
dal nobel Enrico Fermi e progettato dalla fabbrica pisana
Olivetti che con la Cep portò l’Italia degli anni ‘60 ad un
primato assoluto nel mondo, riconfermato con l’Elea9003, il
primo calcolatore per uso commerciale.
Dopo la morte di Adriano Olivetti la fabbrica ebbe il suo declino
decisivo, ma lasciò in eredità a Pisa il fervore tecnologico
che negli anni Sessanta esplose con il primo corso di laurea in
Informatica dell’Università di Pisa, il centro studi sulle
calcolatrici elettroniche (Csce) e il centro di calcolo
elettronico internazionale (Cnuce).