Ci risiamo. Dopo la rete di Tlc di Stato ora tocca al cloud di Stato. Beppe Grillo continua a lanciare proposte, facendo leva sugli slogan più che sulla sostanza. Dopo l’idea di “nazionalizzazione” di Tim attraverso Cassa depositi e prestiti con l’obiettivo di fare una rete di di Tlc di Stato che includa anche il 5G, il fondatore dei 5Stelle, rilancia su un fantomatico cloud nazionale. “Ci tengo a questa battaglia, la vera grande riforma sarà quando avremo un iCloud di dati italiani e poi un grande server europeo”.
Sfugge evidentemente a Grillo che l’Europa, già da tempo, sta lavorando al progetto Gaia-X a cui ha aderito di recente anche l’Italia che punta peraltro a un ruolo di guida insieme con Francia e Germania, i due Paesi pionieri. Ma sfugge soprattutto a Grillo che la questione non è di chi sono le piattaforme ma delle regole del gioco e del rispetto delle stesse come ben spiega peraltro Paolo De Rosa, il Cto del ministro dell’Innovazione Paola Pisano, che ricordiamo a Grillo fa parte del suo “Movimento”.
La sovranità dei dati è cosa ben altra rispetto ai natali delle soluzioni in campo. Tant’è che Gaia-X – che vanta oltre 300 organizzazioni di vari paesi già coinvolti è aperto “anche ai partecipanti al mercato al di fuori dell’Europa che condividono i nostri obiettivi di sovranità e disponibilità dei dati”, si legge a chiare lettere sul sito del progetto. Anche perché se si avallasse il ragionamento di Grillo e se quindi tutto l’ambaradam necessario – server, piattaforme, data center e quant’altro – dovesse fare capo solo ed esclusivamente ad aziende europee allora possiamo dire addio definitivamente alla partita cloud per ora, in Europa e ancor di più in Italia, considerato che i big del cloud a livello mondiale sono – che piaccia o no a Grillo o a chicchessia – americani e che al momento di competitor in grado di “sostituirli” non se ne vedono.
Peraltro si ricorda a Grillo, paladino della libertà in Rete e quindi di fatto degli over the top – i Gafa (Google, Amazon, Facebook ed Apple), le aziende attraverso cui facciamo ricerche online, socializziamo e facciamo shopping – sono tutte americane. Evidentemente però a Grillo stanno bene gli americani per navigare ma poi gli va storto che “questi” – così li appella – si occupino di cloud. E manda accuse a destra e manca: a Enel (non a caso a Enel perché Grillo ha il dente avvelenato sulla banda ultralarga targata Open Fiber) “che i suoi dati li fa gestire a un’azienda americana” e alla Pubblica amministrazione “che dà i dati da gestire a Google”. E pure ai sindacati che “sono rimasti al 900, avremmo bisogno di sindacati digitali che controllano il flusso dei dati degli italiani che vanno in America”. Mah!
Proprio come sta accadendo per il 5G dunque si dice tutto e il contrario di tutto, a seconda dell’occorrenza e della fase politica: prima l’elettrosmog fa male alla salute, poi si vuole essere sempre connessi, poi quando c’è da fare le reti ultraveloci spuntano comitati anti-tecnologici pronti a difendere la salute umana. E via con le fake news sui danni della quinta generazione, sull’elettrosmog legato a stretto filo con il coronavirus, con la morte “anomala” di pipistrelli e chi più fesserie ha più ne metta. E poi spunta la rete unica di Tlc con dentro pure il 5G. A onor del vero non è solo Grillo a spararle grosse sulle partite strategiche – banda ultralarga, 5G e digitalizzazione. Che negli altri partiti non mancano teorie e tesi strampalate. Ma Grillo ce le mette proprio tutta per farsi notare.