Il flop di Facebook mette in discussione le norme che regolano le ipo negli Stati Uniti. Un gruppo bipartisan di parlamentari – riporta il Wall Street Journal – chiede alla Sec (Securities and Exchange Commission) di rivedere le regole vigenti perché l’ipo del social network ha dimostrato che le banche di investimento sono in grado di “dettare il prezzo considerando solo indirettamente l’offerta e la domanda sul mercato”, come scrive Darrell Issa, della commissione di supervisione e riforma del governo della Camera. Il presidente della sottocommissione bancaria del Senato, Jack Reed, ritiene inoltre che siano necessari dei cambi delle regole per rafforzare la fiducia degli investitori, calata in seguito all’esordio di Facebook.
L’ipo di Facebbok è stata tutta in salita, nonostante le attese degli investitori. Nella documentazione presentata alla Sec Facebook ha dovuto rivedere le prospettive di guadagno soprattutto a causa della strategia non efficace nel settore mobile e la conseguenza è stata che nei giorni successivi anche JPMorgan Chase e Goldman Sachs hanno rivisto al basso le stime. Nonostante i sottoscrittori abbassassero il prezzo della Ipo a 38 dollari e Facebook stessa annunciasse di aver aumentato del 25% portando il totale delle azioni in vendita poco sopra i 420 milioni di pezzi, la chiusura della prima giornata di quotazione è andata del 10% al di sotto il prezzo di lancio e nei primi tre giorni il titolo ha perso in totale il 18% del valore iniziale, scendendo a 31 dollari.
Quello di Facebook è stato uno sbarco sul mercato con enormi attese, ma con un esito più simile a quello di Groupon che non a quello di Google. Colpa delle scelte strategiche di un’azienda che ha un numero gigantesco di utenti (901 milioni attivi) e il desiderio di continuare a crescere tramite acquisizioni che non solo traghettano tecnologie ma anche piccole quote di mercato.