Slitta il voto sulle risoluzioni del ministro della Salute Roberto Speranza a causa della mancanza del numero legale alla Camera. Fra parlamentari in missione, quarantene a addirittura almeno 90 deputati della maggioranza assenti “ingiustificati” dalla giornata emerge un segnale più che allarmante sui dissidi interni alla maggioranza che fa il paio con una débacle comunicativa a dir poco paradossale.
Siamo ancora in piena emergenza, la risalita dei contagi preoccupa e un voto al Parlamento slitta a causa delle assenze in aula? È evidente che sia mancato l’accordo politico sul da farsi. Ma dal momento in cui si fa virare lo storytelling sulle “assenze” in Aula ci si chiede come mai non si sia prevista la modalità di collegamento da remoto per i parlamentari che non potevano (o non volevano è evidente) recarsi fisicamente a Montecitorio. Parlamentari che dovrebbero essere al servizio del Paese – ma meglio usare il condizionale visto l’accaduto – e che con un semplice videocollegamento, a cui la maggior parte di noi comuni mortali ricorre quotidianamente per le attività lavorative, avrebbero potuto mandare avanti la roadmap e dare un segnale di responsabilità.
La politica continua a sbandierare un giorno sì e l’altro pure, l’adozione massiccia dello smart working. E allora perché non dare il buon esempio al Paese? Non si è in grado di garantire l’operatività di Governo e Parlamento attraverso l’uso delle piattaforme a distanza? Pare che funzionino bene quando si convocano le conferenze stampa. Oltre al danno, dunque, la beffa. Segno che fra il dire e il fare c’è di mezzo l’incapacità di dare il buon esempio ai cittadini. Con tutte le conseguenze del caso sul fronte delle reazioni e delle polemiche.
Sull’onda di quanto accaduto, proprio ieri è stata presentata una proposta di riforma regolamentare, promossa dal deputato del Pd Stefano Ceccanti, per il “Parlamento a distanza“: 105 i firmatari. Qualcosa si muove.