IL CONVEGNO DEL CORRIERE DELLE COMUNICAZIONI

Cloud, Balocco: “In Italia crescono gli investimenti”

Il 56% delle grandi aziende e il 23% delle Pmi hanno già adottato la “nuvola”. E’ quanto emerso in occasione del convegno organizzato dal Corriere delle Comunicazioni. In aumento l’offerta di software e infrastructure as a service da parte dei vendor

Pubblicato il 26 Giu 2012

Patrizia Licata

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Lo stato e le prospettive dei modelli di Cloud per la Pubblica amministrazione e per le imprese sono stati al centro del convegno organizzato oggi dal Corriere delle Comunicazioni a Roma. “Il cloud è riconosciuto come uno dei fenomeni tecnologici più rilevanti non solo a livello internazionale dalle principali società di ricerca, ma anche in Italia, particolarmente dalle aziende grandi, ma anche le pmi si affacciano con crescente interesse”, ha sottolineato Raffaello Balocco della School of Management del Politecnico di Milano (scarica qui la presentazione), in apertura della prima tavola rotonda della mattinata, che ha rappresentato il punto di vista dei vendor. Il dato ancor più significativo è che l’interesse si traduce in investimenti: a fronte di una spesa Ict che la maggior parte delle aziende oggi tiene stabile (e in alcuni casi diminuisce), gli acquisti di servizi as a service tendono a crescere. E il cloud in Italia è già realtà, perché nelle grandi imprese lo adotta il 56% (e lo sperimenta il 25%). Tra le pmi l’adozione dei modelli cloud ha già raggiunto il 23%. Di pari passo anche i vendor aumentano la loro offerta con soluzioni software e infrastructure as a service.

Non a caso l’intervento di Ferdinando Caputo, Sales & partner development manager di Emc (scarica qui la presentazione), si intitolava “Cloud? Ora è possibile”, e la dimostrazione la offre lo stesso colosso americano – tra l’altro uno dei pionieri della virtualizzazione con la società Vmware – che al suo interno si è dotata di un modello di gestione dell’It basato sul cloud (ibrido, quindi con integrazione di elementi di public e private cloud). “Per un cloud ibrido di successo occorrono: sicurezza, federazione e integrazione dei servizi, gestione unificata da un’unica console”, ha spiegato Caputo. “Oggi l’86% della nostra infrastruttura è virtualizzata e contiamo di arrivare al 90% per la fine dell’anno. Il nostro viaggio verso il cloud significa erogazione dell’It as a service, creazione di un datacenter completamente virtualizzato e virtualizzazione di tutte le applicazioni mission-critical”. Il vantaggio sono risparmi sui costi ma soprattutto flessibilità dell’infrastruttura. “L’agilità raggiunta ci permette di implementare un nuovo servizio in poche ore”, ha sottolineato Caputo.

Per Lorenzo Gonzales, Innovation senior consultant di Hp, il cloud è l’ultima evoluzione della digitalizzazione dei servizi; significa convergenza ed è sinonimo di trasformazione (scarica qui la presentazione). “Cloud e digitalizzazione sono due facce della stessa medaglia che implicano più innovazione e meno costi”, ha detto Gonzales. “L’It deve evolvere verso un’architettura convergente e condivisa dove standardizzazione e flessibilità sono fondamentali e si possono implementare servizi come e quando sono necessari”. Il cloud vuol dire infatti anche possibilità di scelta: questo è il senso di avere servizi aperti e estensibili. “Ma ovviamente dovrà garantire anche sicurezza e affidabilità”. Quel che è chiaro è che l’era dei dipartimenti It a compartimenti stagni, o silos, è prossima alla fine: l’It oggi vuole architetture comuni e portabilità delle applicazioni. “Si tratta di una trasformazione tecnologica ma anche di business”, ha concluso Gonzales. “Se fatta con queste caratteristiche, sarà un’implementazione senza stress”.

Il cloud è già qui, implementabile con gli investimenti e le competenze che le aziende hanno già messo in campo, anche secondo Pier Paolo Boccadamo, Private cloud lead di Microsoft (scarica qui la presentazione): “Al cloud chiediamo servizi continui su device connessi di ogni genere”, ha detto Boccadamo. “E’ un’esigenza che è partita dai consumatori e dagli utenti che vogliono accedere ai servizi sempre, on-demand”. Innovazione, agilità, riduzione dei costi, razionalizzazione delle risorse sono solo alcuni dei driver che portano le aziende ad abbracciare il cloud. “Le aziende possono pagare solo quello che consumano, usare applicazioni e servizi in modalità self-service e in più, se scelgono un modello di cloud privata, mantengono il controllo sui loro dati e ottengono alti livelli di personalizzazione delle soluzioni”, ha continuato Boccadamo. Che concorda con Gonzales: “Passare al cloud è una trasformazione non solo tecnologica ma anche di business”. Microsoft negli ultimi anni ha investito per essere in grado di offrire tecnologie che sostengono le imprese nell’evoluzione verso il cloud: “Il cambiamento consiste nel mettere l’applicazione al centro di tutta l’evoluzione del datacenter. Con un elemento chiave: l’interoperabilità delle soluzioni e la capacità di gestire e governare un It eterogeneo”, ha concluso Boccadamo.

Uno dei grandi nodi del cloud resta però la sicurezza e Maurizio Martinozzi, Manager Sales Engineering di Trend Micro (scarica qui la presentazione) ha ricordato che il cloud computing richiede una cloud security. “I nostri dati sono ormai ovunque, sono spesso sensibili e sicuramente di grande valore commerciale. Visto che con il cloud le informazioni non sono più conservate in azienda ma sui server del provider, occorre ripensare la gestione della sicurezza delle infrastrutture”, ha osservato Martinozzi. Tanti i nodi da risolvere: col cloud l’infrastruttura It è condivisa con altre aziende, ma occorre la garanzia che nessuno acceda ai dati dell’altro. Che succede poi ai nostri dati se il provider viene acquisito da terzi o fallisce e chiude? “Hacker e virus sono ormai terminologia del passato: oggi c’è l’advanced persistent threat”, ha continuato Martinozzi: “attacchi mirati ad aziende in possesso di dati di alto valore, come banche, telco, grandi siti Internet”. Perciò i sistemi di difesa di società come Trend Micro si evolvono di pari passo: “Il nuovo modello della sicurezza deve essere data-centrico”, ha concluso Martinozzi.

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