In un periodo di massima attenzione al contenimento dei costi il cloud computing si offre alla pubblica amministrazione e alle imprese come un’importante occasione per fare efficienza e al tempo stesso innovare i servizi e stimolare la crescita. Se ne è parlato durante la tavola rotonda dedicata a imprese e istituzioni all’interno del convegno sul cloud organizzato dal Corriere delle comunicazioni oggi a Roma.
Sicuramente per la pubblica amministrazione passare al cloud è meno facile che per un’azienda privata perché “iper-normata, rigida nell’organizzazione, poco dotata di strumenti atti a captare e recepire i cambiamenti”, ha sottolineato Mario Dal Co, direttore generale dell’Agenzia per l’innovazione. “Tuttavia il cloud può fare molto per la pubblica amministrazione, e non solo in termini di risparmi: il vero vantaggio di efficienza consiste nel rendere disponibili risorse e competenze It, nell’aiutare la Pa a sfruttare l’innovazione tecnologica”. Il cloud vuol dire anche qualità del servizio, in particolare dei servizi erogati tramite web, per offrire di più ai cittadini e agli utenti interni della Pa. Ma Dal Co è chiaro: “Non è compito della Pa indicare quale sia la tecnologia migliore; la Pa deve invece dire quali sono i requisiti cui le tecnologie devono rispondere. Con tavole rotonde come questa noi dobbiamo aiutare la Pa a capire che il cloud è una gamma di strumenti e servizi che abbassano i costi perché si utilizzano meglio le risorse interne e si copre il fabbisogno di sicurezza, flessibilità, interoperabilità che oggi gli utenti della Pa esprimono”, ha continuato Dal Co. L’interoperabilità dei sistemi della Pa è un nodo centrale: i database delle amministrazioni si devono parlare. “I dati dei cittadini vanno adeguatamente tutelati, e gli abusi puniti, ma senza eccessi: sono pur sempre dati pubblici e vanno trattati come open data”, ha concluso Dal Co.
Ma la Pa ha veramente bisogno della flessibilità del cloud? “Non dobbiamo darlo per scontato”, ha risposto Lorenzo Benussi, consulente del ministro Profumo e rappresentate del Miur al gruppo di lavoro e-government e open data della cabina di regia, “perché prima ancora delle tecnologie nella Pa deve cambiare l’organizzazione”. L’implementazione del cloud richiede un’analisi di esigenze, costi, tempi, obiettivi e vantaggi. “Il cloud può servire alla Pa solo se si prendono decisioni ponderate basate sull’analisi di questi parametri”, ha detto Benussi. “Intanto sicuramente si possono ottimizzare i datacenter, guadagnando in efficienza”.
La domanda per servizi più agili sicuramente esiste e parte dai cittadini, già abituati a usare servizi cloud nel privato, o magari in azienda, e che chiedono alla Pa di essere più evoluta. “Siamo nell’era della micro-informatica fatta di servizi. La Pa deve andare in questa direzione”, ha osservato Benussi. “Ma outsourcing non vuol dire dismettere ogni competenza It nella Pa: lo Stato resta un grande gestore di informazioni e deve continuare a farlo con cognizione di causa”. L’Agenda digitale italiana sta considerando le applicazioni del cloud in alcune macro-aree, quelle che se ne avvantaggiano di più: scuole, smart cities e energia.
“Non tutto deve necessariamente essere gestito col cloud”, ha ribadito Pietro Pacini, responsabile della funzione Governo della tecnologia di Poste Italiane: “Alcuni processi si possono continuare a gestire con l’informatica cosiddetta tradizionale”. Resta fermo che anche per Poste Italiane il cloud rappresenta una profonda trasformazione capace di garantire scalabilità, flessibilità e interoperabilità: “Queste le tre caratteristiche che ci fanno parlare di cloud e che distinguono questo paradigma da un semplice servizio web-based”, ha osservato Pacini. “Il vantaggio del cloud è fornire potenza di calcolo e storage, applicazioni e servizi in base alle necessità e non in modalità predefinita. Così Amazon in mezz’ora passa dall’utilizzo di 300 server a 3000 dal giorno alla notte, quando ha il picco di elaborazione dei dati”. E’ ovvio che in questo settore emergeranno grandi aziende che, dopo aver realizzato grandi sistemi cloud privati per la gestione del proprio It, metteranno a disposizione la loro infrastruttura a terze parti, vendendo servizi cloud. “Ma non saranno gli unici provider e sul mercato ci sarà posto per più vendor”, secondo Pacini.
Le Ferrovie dello Stato hanno implementato il cloud per la gestione del loro It e questo processo, dall’outsourcing alla virtualizzazione al cloud vero e proprio, ha rappresentato la chiave di volta per il gruppo italiano per rilanciare la propria competitività anche a livello internazionale. “E’ stata una scelta, prima ancora che tecnologica, politica e organizzativa”, ha spiegato Alessandro Musumeci (scarica qui la presentazione), direttore generale Sistemi informativi di Ferrovie dello Stato. “Abbiamo superato il concetto del sistema in-house e oggi anziché comprare i server compriamo un servizio, con una qualità garantita e elevata standardizzazione. Abbiamo realizzato un sistema che ha un impatto ambientale molto più ridotto, che costa di meno, ma ci assicura la business continuity di cui abbiamo bisogno e la protezione dei dati dei nostri clienti”. Oggi Ferrovie dello Stato ha portato su cloud l’82% delle applicazioni: “Non è detto che metteremo sul cloud anche tutte le altre, ma sicuramente la migrazione di quasi tutta l’infrastruttura sulla nuvola ci ha consentito enormi efficienze e, non da ultimo, di abilitare nuovi servizi per i nostri clienti. Questo è un grande punto a favore per implementare il cloud, in tante aziende come nella pubblica amministrazione”.