Le big tech dovranno spiegare come funzionano i loro algoritmi e aprire i loro archivi a ricercatori e regolatori. Lo ha annunciato la commissaria al Digitale e alla Concorrenza, Margrethe Vestager. La mossa avrà impatti non secondari sui Gafa che possiedono mole di dati, vere e proprie miniere per la pubblicità online, e sistemi basati sull’AI in grado di indirizzare l’adv in maniera mirata.
Vestager ha spiegato che l’obiettivo è quello di far luce su come funzionano questi algoritmi per assicurarsi che le aziende siano responsabili delle loro decisioni.
“Le piattaforme più grandi dovrebbero fornire maggiori informazioni sul modo in cui funzionano i loro algoritmi, quando le autorità di regolamentazione lo richiedono”, ha evidenziato a un evento organizzato dall’agenzia di ricerca AlgorithmWatch e dall’European Policy Center.
“Dovrebbero anche fornire alle autorità di regolamentazione e ai ricercatori l’accesso ai dati in loro possesso, inclusi gli archivi degli annunci “, ha puntualizzato Vestager.
Il 2 dicembre la commissaria presenterà il Digital Services Act che fornirà un nuovo quadro regolatorio per grantire maggiore concorrenza sul mercato. Ma il pacchetto avrà bisogno del contributo dei paesi dell’Ue e del Parlamento europeo prima di entrare in vigore, un processo che potrebbe richiedere un anno o più.
Digital Service Act, cosa prevede
Il nuovo pacchetto riguarda non solo il tema del potere dei “gatekeeper” e le questioni antitrust, ma anche la responsabilità penale delle piattaforme online per i contenuti illegali o dannosi, i diritti per i lavoratori della gig economy e la trasparenza del mercato della pubblicità online.
La nuova Commissione europea guidata dalla Presidente Ursula von der Leyen si è impegnata anche ad aggiornare le regole dell’Ue sulla responsabilità legale e la sicurezza delle piattaforme, dei servizi e dei prodotti digitali .
Il nuovo Digital Services act cerca anche di delineare quale deve essere la responsabilità delle aziende online su quanto viene pubblicato sulle loro piattaforme e se devono agire in modo proattivo nel rimuovere contenuti e prodotti illegali e dannosi, dall’hate speech alle merci contraffatte.
I regolatori dell’Ue intendono valutare se tutte le piattaforme online o solo le più grandi o con maggiori rischi di esposizione a attività illegali da parte dei loro utenti, debbano essere soggette a avvisi di rimozione e se tali richieste debbano configurarsi come veri e propri obblighi o no.
Le aziende hitech da sempre osteggiano questo approccio di Bruxelles, sostenendo che non si può chiedere loro di svolgere i ruolo di “polizia del web” perché non è né giusto né tecnicamente fattibile. L’attuale direttiva sull’e-commerce afferma che i fornitori intermediari di servizi hanno un ruolo tecnico e passivo, ma la Commissione europea sarebbe intenzionata a modificare questa interpretazione.