IL PACCHETTO DI MISURE

Web tax, la Ue concede una “tregua” alle Big Tech: ok all’accordo nel 2021

Aumenta la fiducia sulla conclusione dei negoziati in ambito Ocse entro l’estate dell’anno prossimo: il ministro delle Finanze tedesco Scholz parla di “progressi inaspettati”. Su cui però peserà l’esito del voto presidenziale Usa

Pubblicato il 04 Nov 2020

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L’Europa dà un’ultima chance all’accordo internazionale sulla web tax. L’Ue aspetterà infatti la metà del 2021 per avere le conclusioni dei negoziati in sede Ocse che modificheranno il regime di tassazione dei colossi del digitale. Lo ha affermato il ministro delle finanze tedesche Olaf Scholzdurante gli incontri dell’Ecofin, indicando che “sono stati compiuti progressi inaspettati e che è necessario avere un consenso” ampio sulla digital tax.

L’Ue allenta la presa. Per ora

L’intesa internazionale sulla web tax era attesa per la fine del 2020, ma a metà ottobre è stato annunciato uno slittamento di sei mesi a causa, da un lato, del rallentamento dei lavori causato dall’emergenza sanitaria Covid-19, dall’altro delle divergenze politiche emerse nel corso del negoziato, che coinvolge ben 137 Paesi.

Un corposo rapporto di aggiornamento pubblicato dall’Ocse in vista della riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle Banche centrali del G20 del 14 ottobre scorso ha evidenziato i “consistenti progressi” nella trattativa multilaterale per una riforma della fiscalità internazionale che risponda alle sfide della digitalizzazione dell’economia, ma ha anche messo l’accento su “questioni politiche e tecniche” irrisolte.

Scholz ha ribadito oggi che Ocse e G20 sono d’accordo sul prolungamento della scadenza per l’accordo sulla web tax alla prossima estate, chiarendo così che l’Unione europea, dopo aver sostenuto di voler procedere da sola in mancanza di un accordo Ocse a fine 2020, ha ammorbidito la sua posizione.

L’anno prossimo sarà l’Italia ad assumere la presidenza del G20, ora affidata all’Arabia Saudita.

L’incognita delle elezioni Usa

Il principale ostacolo al successo dei negoziati è stata l’uscita degli Stati Uniti dal dibattito lo scorso giugno. Gli Usa, che vedono la web tax come una misura punitiva per i campioni tecnologici nazionali come Google, Amazon, Facebook e Apple, hanno addotto come motivo per il ritiro dai negoziati l’emergenza coronavirus.

Le elezioni presidenziali aggiungono nuove incertezze al quadro. Secondo Anna Diamantopoulou, tra i candidati a segretario generale dell’Ocse dopo che finirà il mandato dell’attuale numero uno, Angel Gurria (a maggio 2021), Donald Trump e Joe Biden hanno approcci molto diversi sulla questione della tassa sui colossi del digitale: “Sappiamo che Biden è una persona più fedele alle convenzioni e in generale più propenso a lavorare con le organizzazioni internazionali”.

Nella sua campagna Biden ha indicato di voler imporre tasse più alte sulle aziende degli Stati Uniti, ma che questo implichi un atteggiamento favorevole nei confronti della web tax internazionale non è affatto ovvio. Al contrario, gli esperti politici dubitano che tra le prime mosse di Biden vi sarà lo sblocco dei negoziati in sede Ocse.

Il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire resta vigile: all’Ecofin ha affermato che le Big tech sono “giganti potenti quanto gli Stati, potenti finanziariamente, tecnologicamente potenti, potenti in termini commerciali”. La Francia è tra i paesi Ue più determinati sull’applicazione della web tax, tanto da essere stata minacciata da Donald Trump di pesanti sanzioni economiche.

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