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Cina alla svolta: prime regole Antitrust sui colossi hi-tech

Pechino vuole favorire l’ascesa di nuovi player digitali, finora tenuti ai margini da aziende dominanti come Alibaba e Tencent. L’obiettivo è dare slancio all’innovazione e aumentare l’indipendenza tecnologica del Paese colpito dalle sanzioni Usa

Pubblicato il 10 Nov 2020

Cina antitrust

È pronta la bozza delle nuove regole antitrust della Cina con cui Pechino sceglie la “linea dura” sui suoi giganti dell’hitech, come Alibaba o Tencent, rapidamente trasformatisi in dominatori dei loro mercati. Mentre Unione europea e Stati Uniti discutono di come arginare il super-potere delle Big tech la Cina è pronta ad agire con una normativa che punta a evitare comportamenti monopolistici da parte delle piattaforme Internet.

Come ha indicato il regolatore antitrust cinese Samr (State administration for market regulation), che ha pubblicato la bozza, l’obiettivo delle nuove regole è impedire che un singolo gruppo domini un mercato o adotti metodi che bloccano di fatto lo sviluppo di un’efficace concorrenza. La bozza è sottoposta a consultazione pubblica fino al 30 novembre.

Piattaforme Internet nel mirino

Nella bozza di legge – riporta Reutersviene data una definizione di piattaforma Internet che include i più grandi colossi tecnologici e digitali della Cina. Tra questi i marketplace Taobao e Tmall di Alibaba, JD.com (altro player dell’e-commerce) e i servizi di pagamento come Alipay di Ant Group e WeChat Pay di Tencent. Nella definizione – e quindi nella regulation – potrebbero ricadere anche piattaforme per il food delivery come Meituan.

Sui servizi di digital payment, in particolare, la normativa potrebbe anche considerare se una transazione discrimina fra clienti sulla base dei big data, della capacità di pagamento, delle preferenze d’acquisto o abitudini di utilizzo della piattaforma, e porre argini o divieti a questo comportamento. Sull’e-commerce, invece, la nuova normativa intende evitare pratiche come il “choose one between two” (scegli uno dei due), in base alla quale un marketplace di fatto impedisce a un brand di vendere su più di una piattaforma, garantendosi l’esclusiva.

Molti concorrenti e merchant hanno accusato Alibaba di aver adottato in passato tali pratiche. L’anno scorso il regolatore Samr ha contattato una ventina di piattaforme e-commerce invitandole a non esigere più dai venditori presenti sui loro siti di firmare accordi di cooperazione esclusiva.

La Cina reagisce alle sanzioni Usa

Le nuove regole nascono dalla richiesta della commissione cinese sulla stabilità finanziaria (Financial stability and development committee), guidata dal vice premier Liu He, che lo scorso mese ha chiesto di migliorare i meccanismi della regolazione dei mercati per proteggere la concorrenza leale e di rafforzare la vigilanza sull’applicazione delle norme anti-monopolio.

Xie Wen, ex presidente di Yahoo China e ora analista dell’industria tecnologica cinese, osserva che Pechino aveva finora evitato di interferire in modo deciso sui comportamenti all’interno dell’industria hitech per favore la crescita di colossi in grado di competere con i giganti americani, molti dei quali non hanno accesso al cyberspazio cinese. Ora, però, la Cina – come conseguenza della trade war e delle sanzioni imposte dagli Usa di Donald Trump – sta rafforzando le sue capacità tecnologiche interne con l’obiettivo di essere il più possibile indipendente dagli acquisti di tecnologia americana, e Pechino ha più interesse a mettere dei paletti allo stra-potere dei colossi digitali per far emergere nuovi competitor. La concorrenza adesso è sul mercato interno, non con quello degli Usa.

Nuove regole anche nel settore fintech

La Cina sta definendo una serie di nuove regole per rispondere alle evoluzioni del mercato dove si stanno imponendo, in molteplici settori, i player digitali: per esempio, i regolatori stanno preparando una “stretta” sulle società dei prestiti online. È proprio alla luce della normativa in arrivo che a inizio mese Ant ha deciso di mettere in stand-by la sua quotazione. Il gruppo si presenta come azienda tecnologica, ma i regolatori cinesi non sottovalutano il peso dell’attività di erogazione di crediti che Ant conduce, all’interno di un impero dalle molteplici divisioni, e che ha contribuito a quasi il 40% dei ricavi del gruppo nella prima metà dell’anno. Insomma, per le autorità della Cina Ant non è solo una tech company, ma una banca. E le regole che deve seguire per quotarsi sono ben diverse.

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