Il governo accelera per mettere a regime lo smart working nella PA. Nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza è prevista l’adozione di un disegno di legge collegato alla legge di bilancio, recante “Disposizioni in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni”. L’annuncio lo dà la ministra Fabiana Dadone, in occasione del question time alla Camera. “Ritengo giusto mettere al centro del dibattito parlamentare quello che sarà il lavoro agile a regime”, ha detto la ministra.
“Inoltre è in via di emanazione un nuovo decreto ministeriale, contenente le linee di indirizzo per l’attuazione del Piano organizzativo del lavoro agile (Pola) e degli indicatori di performance, che fornirà alle amministrazioni pubbliche prime indicazioni metodologiche per l’organizzazione del lavoro agile a regime – ha fatto sapere – Il testo sarà sottoposto alla Conferenza Unificata”.
Per quanto riguarda il lavoro agile nel contesto del lavoro pubblico, per Dadone “si tratta di ripensare aspetti e istituti tipici che dovranno essere al centro della prossima tornata contrattuale, come il diritto alla disconnessione e alle connesse fasce di reperibilità e contattabilità, alla sicurezza sul posto di lavoro, all’utilizzo dei dispositivi tecnologici, alle modalità di valutazione e degli aspetti disciplinari, per un adeguato bilanciamento dei diritti e dei doveri”.
“Ritengo che il diritto alla disconnessione rappresenti una misura preventiva a tutela dei lavoratori, per scongiurare che il lavoro da remoto possa deformarsi in uno strumento eccessivamente condizionante – ha concluso – In tal senso, già nel mio decreto dello scorso ottobre è richiesto alle amministrazioni di organizzare il lavoro agile con la garanzia dei tempi di riposo e del diritto alla disconnessione”.
Smart working, cos’è il Pola (Piano organizzativo del lavoro agile)
Il Pola è uno strumento previsto dal decreto Rilancio. Il provvedimento stabilisce che entro il 31 gennaio di ciascun anno le amministrazioni pubbliche debbano redigere, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile. Il Piano deve individuare le modalità attuative per almeno il 60% dei dipendenti che si può avvalere di questa modalità.
Il Pola deve inoltre definire le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.
In caso di mancata adozione del Pola, lo smart working si applica almeno al 30% dei dipendenti, ove lo richiedano. E’ istituito presso la Presidenza del Consiglio un osservatorio del funzionamento e dell’organizzazione dello smartworking nel settore pubblico, col compito di monitorare e promuovere l’efficienza del funzionamento del lavoro agile.
In Germania si pensa a una “smart tax”
Mentre l’Italia è alle prese con la messa a regime del lavoro agile, in Germania si lavora al varo do una sorta di smart tax a sostegno dei redditi più bassi. Deutsche Bank propone un “balzello” del 5% del salario a carico dei lavoratori che scelgono di lavorare da casa, con il cui ricavato finanziare sussidi a favore dei redditi bassi che non hanno la possibilità di lavorare da remoto. Nel report intitolato “Che cosa dobbiamo fare per ricostruire” e dedicato alle iniziative da assumere per rilanciare l’economia dalla crisi del Covid”, la banca evidenzia: “Le persone che possono lavorare da casa e disconnettersi da una società che richiede il contatto personale hanno guadagnato molti benefici durante la pandemia. Una tassa del 5% per ogni giorno di lavoro da casa non peggiorerebbe le condizioni del lavoratore medio rispetto a lavorare in ufficio”.
La smart tax, si legge nel report, permetterebbe di raccogliere “49 miliardi di dollari all’anno negli Usa, 20 miliardi di euro in Germania e 7 miliardi di sterline in Gran Bretagna” da destinare ai “sussidi per i lavoratori a reddito basso che generalmente non possono lavorare da casa”.