L’uso del pc e l’accesso al web hanno effetti positivi sull’apprendimento. I dispositivi digitali sono sempre più diffusi ma il libro non scompare. L’appeal della scuola è debole sui ragazzi anche nel caso in cui disponga di tecnologie. Sono questi i principali risultati della ricerca del Censis “Nativi digitali e apprendimento“, presentata oggi e realizzata su 2.300 studenti calabresi tra gli 11 e i 19 anni e su 1800 genitori. Benché focalizzata solo sui ragazzi di questa regione, è la prima in Italia che consenta di confrontarsi su un tema come l’impatto delle tecnologie sull’apprendimento delle generazioni immerse fin dalla nascita nelle nuove tecnologie digitali.
Secondo l’indagine, il 72% degli studenti calabresi ritiene che l’uso del pc e l’accesso al web hanno effetti positivi sull’apprendimento (la percentuale sale al 76% fra gli studenti più grandi); per contro un 39,7% e un 33,5% considerano negativi, rispettivamente, gli effetti sulla volontà di studiare e sulla capacità di concentrazione e riflessione.
Dalla ricerca emerge, poi, che per i ragazzi è difficile scindere l’aspetto ludico dal momento dell’apprendimento. Il 73% degli studenti intervistati usa infatti Facebook, il 76% YouTube, il 44% naviga quasi tutti i giorni alla ricerca di informazioni. Le quattro applicazioni più importanti per i nativi digitali risultano così i motori di ricerca, i social network, la visione di video, la possibilità di scaricare musica.
Buone notizie per i libri, nonostante la diffusione esponenziale di dispositivi anche mobili come smartphone e tablet: per la maggioranza degli studenti calabresi (il 54%) consultare un testo su Internet non è più facile che leggere un libro. E il 73% non trova difficile mantenere la concentrazione nella lettura dei volumi stampati.
Dalla ricerca emerge però come sia debole l’appeal della scuola sui ragazzi anche quando dispone di tecnologie. L’84% degli studenti calabresi afferma, infatti, che durante la settimana il pc non viene mai usato per studiare le materie umanistiche. La percentuale si riduce di poco nel caso delle materie scientifiche (79%) e di quelle tecniche (66%). “Dalle opinioni raccolte tra i docenti emerge – spiega il Censis – una certa resistenza culturale motivata dalla convinzione che l’approccio tradizionale al trasferimento del sapere sia quello più efficace e giusto, la consapevolezza che le nuove tecnologie sono imprescindibili per cercare un dialogo con i ragazzi e per svolgere al meglio la propria funzione, ma gli insegnanti diffidano di un apprendimento partecipativo che metta in discussione il loro ruolo”.
L’indagine mette infine in evidenza come tra genitori e figli ci sia convergenza di opinioni sugli effetti prodotti dall’uso delle tecnologie digitali. Entrambi pensano che possano produrre effetti positivi sull’apprendimento (sono d’accordo il 70% dei genitori e il 72% degli studenti) e sullo sviluppo della curiosità e dello spirito di iniziativa dei ragazzi (d’accordo il 62% dei genitori e il 65% degli studenti). “Emerge – spiega il Censis – un atteggiamento comune di incertezza sul potenziale delle tecnologie digitali rispetto a temi come la voglia di studiare, la capacità di concentrazione e il rendimento scolastico”. Prevalentemente neutri sono ritenuti invece gli effetti su aspetti come il rischio di isolamento (valori superiori al 40% per genitori e studenti) e il rapporto con gli insegnanti (50% per i genitori, 62% per gli studenti).
Dati alla mano, è intervenuto sul tema formazione digitale il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo che pensa formazione “bidirezionale”: una scuola, cioé, in cui il sapere non passi solo dal docente allo studente, ma anche viceversa: e quale terreno migliore per questa nuova formazione delle nuove tecnologie?
“Quello della digitalizzazione – ha detto Profumo – è un tema sul quale il Paese deve cominciare a riflettere concretamente. Noi adulti facciamo parte di un altro mondo, oggi i bambini la prima cosa che toccano e’ un telecomando. Occorre dunque investire sulla formazione digitale dei docenti e per qualche ora farli diventare studenti, invertendo il rapporto”.
Profumo ha accennato alla necessità che tutto ciò si traduca anche in una sistemazione diversa degli spazi scolastici, ingrandendo gli spazi della socializzazione e diminuendo quelli delle aule tradizionali. “Altrimenti – ha avvertito – la scuola diventa noiosa e i ragazzi non parleranno più. O entriamo nel loro linguaggio o verremo considerati degli estranei, e così perderemo un’intera generazione”. “Il Paese è pronto – ha concluso – bisogna solo avere più coraggio e accelerare il processo. Dare fiducia ai giovani e coinvolgerli, farli compartecipare”.
In occasione della presentazione dell’indagine, il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti ha annunciato che “in Calabria, grazie alla collaborazione con il ministero dell’istruzione, si sta cercando di avviare un ambizioso progetto di scuola digitale”.
“I tablet sostituiranno lo zaino con i libri – ha precisato – e questo comporterà tra l’altro anche un risparmio per le famiglie del 30%”. Insomma, la Calabria vuole diventare la punta di eccellenza al Sud nel campo della digitalizzazione della scuola. “Il tema dei nativi digitali – ha spiegato Scopelliti – è la vera grande sfida di oggi. Bisogna costruire una scuola al passo con i tempi”. “La Calabria – ha concluso – si sforza di ripartire e di dare un segnale di novità, soprattutto ai giovani, perché investire sulle giovani generazioni produrrà risultati e potrà cambiare il modo di agire e pensare dei giovani”.