IL REPORT

Artigiani italiani poco “smart”, solo il 10% fa e-commerce

La metà delle piccole imprese ha un sito ma solo 1/3 lo aggiorna periodicamente e quasi nessuna lo usa per vendere online. Cresce l’uso dei social per promuovere i prodotti. La fotografia scattata da Confartigianato Torino

Pubblicato il 12 Gen 2021

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La pandemia ha spinto le piccole imprese artigiane a innovarsi e ha accelerato l’uso di strumenti digitali, ma sull’e-commerce c’è ancora molta strada da fare. Solo il 10% ha un sito che permette gli acquisti on line, poche hanno scelto un’app per smartphone e tablet per promuoversi o vendersi online. È quanto emerge da un’indagine condotta da Confartigianato Torino, secondo cui la metà (il 53,5%) delle imprese ha un sito. Di queste soltanto un terzo, però, lo aggiorna periodicamente pubblicando costantemente notizie aggiornate, offerte di prodotti e servizi e contenuti multimediali come video e fotografie.

Il 60,5% dispone di pagine ufficiali su network come Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram, Linkedin e You Tube per condividere notizie su prodotti, servizi ed eventi.

La pandemia ha accelerato il processo di presa coscienza sulla necessità di implementare l’utilizzo di strumenti digitali, tra cui sito web, social, Whatsapp e videochiamate: motivo per cui il 36% ha creato una vetrina digitale, incrementando i sistemi di messaggistica e video (+50%).

Gli aspetti ancora deboli emergono quando agli intervistati è stato chiesto se il sito viene utilizzato per la vendita online: solo il 10% ha un sito che permette gli acquisti on line, e il campione ha dichiarato di non aver finora intrapreso la via di un’app per smartphone e tablet per promuoversi o vendersi online. Proprio l’e-commerce è uno dei punti deboli dell’export delle Pmi: l’Italia è l’unico mercato in cui meno della metà delle Pmi dichiara di utilizzare canali di vendita online nell’attività di esportazione.

Le piccole imprese però sembrano aver preso coscienza dell’importanza dell’innovazione: il 60% sono consapevoli di doversi muovere in tal senso, e hanno dichiarato di essere interessate a proseguire sulla strada dei canali digitali, in abbinamento alle modalità tradizionali. Il digitale è vincente solo se supporta le modalità tradizionali.

I titolari delle imprese intervistate sono micro/piccole imprese, infatti possiedono per il 44,44% al massimo 3 dipendenti.

Una voce che ha registrato una crescita esponenziale è stata quella delle consegne a domicilio: il 39% ha avviato il servizio per la prima volta in autonomia.

Scarsa invece l’applicazione dello smart working, che ha interessato solo il 25% delle microimprese.

Secondo l’Istat soltanto il 3,8% delle società italiane ha raggiunto una maturità digitale. Molte utilizzano e-commerce, software e cloud ma solo il 16% ha adottato Big Data. Il freno è rappresentato dalle infrastrutture: in Piemonte, ad esempio, la banda larga raggiunge appena il 57% della popolazione del territorio.

“L’emergenza sanitaria ha dimostrato che le imprese più resilienti sono state proprio quelle già organizzate da un punto di vista digitale – spiega Dino De Santis , presidente di Confartigianato Torino – Il lockdown non ha fatto altro che accelerare processi che erano già iniziati prima, imponendo una virata verso la tecnologia e i social, che sono diventati vetrine virtuali in tempo reale. E’ anche vero che le giovani generazioni sono maggiormente disposte a fare questo salto, mentre gli altri vanno aiutati e accompagnati nel percorso digitale con corsi di formazione, software gestionali, piattaforme di e-commerce, ecc.”

“Chi non era avvezzo alla tecnologia si è trovato in difficoltà anche ad aprire un market place su fb per vendere i propri prodotti – continua De Santis – Il problema è anche quello di avere all’interno delle imprese figure dedicate per gestire il pacchetto digitale. Ad oggi nella maggior parte di casi è stato possibile migliorare i siti web delle imprese trasformandoli da statici a dinamici, dove vengono venduti soprattutto prodotti alimentari e salutari. In definitiva, occorre riconoscere che la pandemia ha rivoluzionato i modelli di consumi in senso digitale. Ma è anche vero che durante il lockdown alcune imprese per la prima volta hanno sperimentato nuovi canali per relazionarsi con clienti e fornitori.”

“Quello che oggi serve, è un lavoro di accompagnamento verso il digitale, e le istituzioni devono aiutare a realizzare la trasformazione digitale con una strategia lungimirante, progetti di rilancio – incalza De Santis– Al governo si chiede la stabilizzazione degli incentivi alla trasformazione digitale oggi esistenti, voucher per innovazione, export ed e-commerce, mentre la nostra associazione si pone come corpo intermedio per sensibilizzare e offrire servizi alle imprese che vogliono percorrere la via dell’innovazione digitale”.

“Sono crollati confini e barriere fisiche e ora devono crollare anche quelle psicologiche – conclude De Santis – Non ci sono più alibi: se sei bravo a realizzare un prodotto e ti proponi bene sul web, ti affacci sul mercato mondiale. Bisogna impegnarsi, affinché le imprese artigiane si affaccino sui mercati globali puntando su tutte quelle attività che si riferiscono alla manifattura e alle innovazioni digitali. Anche se per le piccole realtà risulta difficile competere con i big, considerati gli investimenti necessari in marketing, nello sviluppo delle piattaforme software e nella logistica.”

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