La pandemia in corso sta stravolgendo il modo di funzionare la sanità, accelerando la domanda di sistemi informativi interoperabili. Questo comporta lo sviluppo di applicazioni e dispositivi interconnessi che consentano lo scambio di dati tra medici e pazienti al fine di garantire la continuità delle cure, ridurre i costi e così migliorare lo stato di salute dei cittadini.
Il Libro Bianco sull’Interoperabilità nella Sanità, recentemente pubblicato da Minsait, società di Indra, mostra come i sistemi sanitari interoperabili siano decisivi per accelerare la digitalizzazione del sistema sanitario.
Secondo il rapporto dell’azienda, l’interoperabilità rappresenta un’opportunità per affrontare importanti sfide sanitarie, come la prevenzione, l’individuazione e il trattamento di malattie croniche e degenerative che al giorno d’oggi risultano sempre più diffuse.
“L’interoperabilità tra sistemi permette di superare il concetto di sanità locale e apre alla possibilità di scambiare dati clinici anche a notevole distanza, permettendo non solo di fornire un’assistenza sanitaria migliore ai cittadini italiani, ma anche di facilitare l’analisi e l’interpretazione dei dati, abbattendo le barriere geografiche”, spiega Giuseppe Catarinozzi, responsabile del mercato della Pubblica Amministrazione e della Sanità di Minsait in Italia.
Il rapporto evidenzia anche il ruolo chiave dei sistemi interoperabili come acceleratori della e-Health, consentendo l’adozione di tecnologie come i Big Data o l’intelligenza artificiale, per supportare l’estrazione di valore dai dati e per ottenere sistemi sanitari più sostenibili. In questi sistemi avanzati l’attenzione è più focalizzata sul paziente e l’informazione clinica è un aspetto rilevante che guida le decisioni dei vari attori del sistema.
Interoperabilità in sanità, le principali barriere
Le principali barriere all’interoperabilità sono associate all’eterogeneità dei dati, all’uso di standard diversi tra loro e all’avversione per il lavoro in ambienti aperti. La rimozione di queste barriere permetterà ai pazienti di fruire dei propri dati clinici e di ottenere un’assistenza personalizzata e di qualità; e ai professionisti di accedere più facilmente alle informazioni dei pazienti per una migliore diagnosi e cura.
Il rapporto conclude che l’interoperabilità di un ambiente geografico è direttamente correlata: alla sua inclusione nell’Agenda digitale; alla solidità dell’ambiente normativo-economico; all’uso di standard internazionali (semantici, sintattici e/o tecnici); alla forza delle sue infrastrutture tecnologiche e dei suoi sistemi informativi, nonché alla disponibilità di risorse umane con conoscenze specializzate.
Il progetto europeo epSOS
Il progetto europeo epSOS (“Smart Open Services for European Patients”) rappresenta un esempio di come accelerare l’interopebilità in sanità. All’iniziativa hanno partecipato 25 Paesi, tra cui l’Italia, e che ha dato il via ai lavori per procedere verso lo scambio di informazioni a livello europeo.
Il progetto ha avuto come obiettivo lo sviluppo di un’infrastruttura di servizi comune per consentire l’interoperabilità tra i sistemi elettronici di informazione sanitaria in Europa, facilitando l’accesso sicuro alle informazioni sanitarie dei pazienti tra i diversi sistemi sanitari europei, nonché l’uso internazionale della prescrizione elettronica.
“Il rafforzamento della cooperazione sanitaria a livello europeo è essenziale per combattere l’attuale pandemia e dovrà trainare l’interoperabilità tra i sistemi regionali e le strutture sanitarie in Italia, un elemento che è diventato sempre più urgente negli ultimi mesi”, puntualizza Catarinozzi.
Il dato, motore della trasformazione
Il modello tecnologico di riferimento per l’interoperabilità dovrebbe risolvere le difficoltà di utilizzo di cartelle cliniche frammentate e limitate, consentendo di lavorare in un quadro di modelli di dati standardizzati, privi di proprietà privata e in grado di sviluppare nuove funzionalità, indipendentemente dal fornitore.
In questo senso è fondamentale trasformare l’attuale ruolo dei sistemi informativi – affermatisi come fornitori di servizi – verso un modello di ecosistema in cui il valore dei dati sia massimizzato, rendendolo il centro e il motore della trasformazione. Questo consentirebbe una migliore comprensione degli utenti del sistema, automatizzando i processi, prevedendo scenari, riducendo i costi operativi e ottenendo una maggiore qualità e un servizio personalizzato.
Il rapporto richiede l’inserimento di competenze analitiche di persone qualificate che segmentino bene i dati e avviino le opportune interrogazioni per ottenere le informazioni precise dai dati disponibili, nonché l’utilizzo di piattaforme aperte per consentire un ecosistema che favorisca la competizione tra i fornitori (a livello applicativo, di servizio e di piattaforma) e consenta una migliore gestione della salute del cittadino.