Novità in vista per le società in house di Regioni ed enti locali, comprese quelle dell’Ict, che secondo il decreto sulla spending review dovranno essere vendute oppure chiuse entro la fine del 2013. “Riformuleremo completamente l’articolo 4 del decreto – annuncia uno dei relatori, Gilberto Pichetto Fratin del Pdl – Nell’emendamento che i relatori presenteranno saranno previsti meno automatismi e una maggiore selettività nei tagli con la possibilità di verifica e di un piano che dia la possibilità alle società di motivare la propria esistenza”.
Oggi in Senato è iniziata la discussione sul decreto mentre è attesa per domani la presentazione degli emendamenti prioritari, tra cui appunto quello relativo alle in house.
L’articolo 4 del decreto stilato dal super commissario Enrico Bondi prevede che le società a partecipazione totalitaria siano sciolte entro il 31 dicembre 2013. In caso di mancato scioglimento, non potranno ricevere affidamenti diretti di servizi e a decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche mediante la stipula di convenzioni, da enti di diritto privato soltanto in base a procedure previste dalla normativa nazionale e comunitaria.
Infine per evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, il decreto stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni devono acquisire sul mercato di beni e servizi mediante le procedure concorrenziali previste dal codice appalti.
Contro la decisione del governo era in scesa in campo, nei giorni scorsi, anche Assinter. In un’intervista al Corriere delle Comunicazioni, il presidente Alberto Daprà aveva chiarito la posizione dell’associazione che riunisce le società regionali dell’Ict. “Proponiamo di avviare insieme alle amministrazioni un percorso di medio-lungo periodo che contempli anche forme di privatizzazione- aveva annunciato Daprà – Ci sono aziende regionali, come ad esempio Lombardia Informatica, che si sono già mosse in questa direzione affidando in outsourcing alcuni servizi “non core” come i call center. E anche nella stessa Assinter sta emergendo una tendenza che va verso la riduzione delle attività operative per concentrarsi in maniera più specifica sulle attività ad alto valore aggiunto, l’elaborazione delle specifiche tecniche e il project management, ovvero tutte quelle azioni che vanno a qualificare la gestione della domanda. Gestione della domanda che deve diventare sempre di più il core business delle società in house. Crediamo che sia questa la strada giusta da intraprendere per attuare una spending review che abbia realmente l’ambizione di tagliare gli sprechi ed efficientare l’amministrazione pubblica”.
Ma il full outsourcing battezzato con il decreto non convice nemmeno gli esperti. Secondo Mariano Corso, professore Ordinario e Responsabile Scientifico Osservatorio Cloud & ICT as a Service, School of Management Politecnico di Milano, “l’IT è strategico per le PA e non si può delegare in toto ai privati”. E come soluzione suggerisce di “avviare percorso di esternalizzazione selettiva dei servizi”.